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Aggiornato: 7 giugno 2025
Aveva però qualche cosa da dire. Ieri la mamma mi ha dato uno scappellotto. Ti ha fatto male? Alla fanciulla si gonfiarono gli occhi. Voglio andar via, conducimi con te. Ma dove vuoi che andiamo? Non lo so: tu hai dei danari adesso, ti fai dei vestiti. Quello lì, rispose Tina con lieve sorriso, è il primo, l'altro non era mio. Cosa importa? prendimi con te. Tu sogni.
Costoro, fatti più arditi da simili protettori, si spinsero spesso sino all’assassinio. Più volte infatti attentarono alla vita del Vergiolesi. Molti viaggiatori si sapeva che erano stati aggrediti e spogliati de’ loro averi; ad altri poi, ritenuti in ostaggio, assicurata la vita con un riscatto di grossa somma. Infine quel limite dei due Comuni, che erano allora tanti piccoli Stati, era ridotto un passaggio di gran pericolo. Querele continue si facevano a que’ governi; ma troppo deboli, e spesso avversi fra loro, non riuscivan mai a combinare di pari accordo l’esterminio di quella banda. Circa una cinquantina d’uomini agli ordini di Musone v’erano allora, armati come Saracini, di picche, di coltelle, e di scuri. Nelle notti quanto più buie, e fra le tempeste più arrovellate, allora sì che era un via vai di costoro su’ pe’ confini; taciti a due a tre,... a saltar fossi, arrampicarsi su pei poggi; farvisi strada atterrando alberi; e ridiscendere a passar carichi d’ogni maniera. Il fiume per quanto grosso, non li arrestava: lo passavano a guado. Sapevano che il loro capo li poneva a gran rischio: perchè con le milizie de’ due Stati che vi stavano a tutela dei lor gabellieri non che de’ confini, venivano qualche volta alle prese. Ma riuscito il transito della roba, che deponevano o nel folto del bosco, o in qualche capanna, dove di manutengoli non ne mancava, lì eran quelli che dovevan riceverla; i quali, secondo i patti, facevan pervenire a Musone tal somma, che egli, prelevata la parte sua, ripartiva fra loro, ed era sempre vistosa. Raro che sulla via si mostrasser di giorno; o se mai, travestiti, e contraffatti nel viso, quando era forza di aggredire qualcuno, che a quella data ora, carico di danari, sapevan gi
RUFINO. Fate adunque come vi pare, ch'io, a dirve il vero, ho caro di trovarmi sempre appresso di voi; ch'accadendo, vi possa mostrare l'affezione ch'io vi porto. CURZIO. Io ne sono chiaro pur troppo, Rufino; e, dallo esserti io patrone in poi, tutto el resto è commune fra te e me: e tu lo sai. Ma dimmi, or che me ricordo: porti tu i danari? RUFINO. Signor sí: eccoli.
E, seguendo il maneggio nelli danari usato, sempre cresceranno i detti valori in maggiori disproporzioni, sí come il tempo lo dimostrerá.
CECA. E vatti con diavolo! Tu vorrai che te vega madonna e che gridi molto bene. MALFATTO. Orsú! Bona sera. Io me ne voglio andare in casa. CECA. Va' con diavolo! RUFINO solo. Io ho incontrata, poco è, la serva de Livia e hame ditto che la cosa è in ordine, pur che vi sieno i danari della dote che se gli è promessa, e ch'ella tornerá a riparlarmi in casa di Filippa.
Non uso a questi subiti italiani movimenti, sbigottì Carlo a veder mezza la penisola in romore per Corradino; la Sicilia perduta; la Puglia piena d'umori di ribellione; e Corradino, che per diffalta di danari era sostato dapprima a Verona, vincer sull'Arno, accrescersi in Roma pe' favori d'Arrigo di Castiglia, e, non curando scomuniche, minaccioso venire alla volta del regno con dieci migliaia di cavalli, e più numero di fanti, tra tedeschi, spagnuoli, italiani, e usciti di Puglia. Nè tanta moltitudine avea Carlo in sull'armi; ma eran Francesi i più, e in migliore disciplina, e con altri capitani: ond'ei come animoso, fè testa ai confini. Presso a Tagliacozzo si pugnò, nel pian di San Valentino, a ventitrè agosto del sessantotto: ed era di Corradino la giornata, quando la terza schiera francese instrutta dal vecchio Alardo di Valery e da Guglielmo principe di Morea, diè dentro; e ruppe e mietè i disordinati per fidanza della vittoria. Presi i maggiori dell'esercito; scannata a frotte la plebe; nella quale trovando parecchi Romani, Carlo non fu contento della lor sola morte, in vendetta del toltogli uficio di senatore della citt
Gli venne sulla punta della lingua una domanda: O come avete fatto a far tutti questi danari in così poco tempo? Ma poi pensò che non gli apparteneva d'immischiarsi nei fatti altrui: dacchè i danari c'erano il giovine era il benvenuto: non avrebbe sperato mai un tal partito per sua figlia. Dite davvero? domandò tuttavia con un resto di dubbio.
Ma, perché l'oro e l'argento, nel ridurli in danari, quasi sempre sono stati compartiti sotto ordini diversi e variati, cioè da una cittá all'altra e da una provincia all'altra, però essi sono stati e sono misura disuguale e non uniforme, quanto sia in universale.
E perché forse a molti parerá cosa molto strana e difficile il pagare le fatture delli danari overo il dare certa annua provigione alli zechieri che li faranno, a queste cosí fatte loro opinioni rispondo che ciò non dovrá parere cosa fuori del dovere; imperoché, o che si vuole che ogniuno abbia realmente il fatto suo nelli pagamenti con oro o con argento coniati, overo con le nominazioni ed i sopranomi alle volte alle monete dati, e come per proverbio antico si suol dire «che si dia o che si riceva l'ombra per la carne»: or dica ciascuno sopra ciò il parer suo.
Io mi accostai allo stipetto, toccai le lettere che componevano il nome, ed una tavoletta rientrò, lasciando in vista un tiratoio. Il duca conservava quivi i suoi crachats, i suoi gioielli, i suoi danari, delle cedole di Banca. Un sacchetto in velluto violetto attirò i miei sguardi. Lo presi. Egli me lo strappò di mano, dicendo: Sono quivi delle carte di mia madre.
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