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.... ecco che cosa mi dice il Colosseo. Mi dice che dove gli uomini schiavi si sgozzavano per ricreare un tiranno, ora convengono i cittadini a salutare l'aurora d'una vita nuova; mi dice che dove perirono sotto le scuri o in mezzo alle fiamme gli apostoli della libert

I primi che salirono caddero sotto le loro scuri e i loro jatagan; gli altri dopo di aver tentato di resistere a colpi di baionetta, si ripiegarono in massa a poppa, dove più di un terzo caddero sotto una scarica di mitraglia sparata a bruciapelo. Il ponte si coprì di cadaveri e di feriti.

La Gallinella era forse invidiosa di Violetta, ed un pochino gelosa di Alfredo. La cronaca non lo ha scritto e noi non ne sappiamo niente. Ciò pel quieto vivere. Del resto osservando bene il volto sempre smorto, le sottili labbra della bocca ed i denti un po' scuri, oltre agli occhiettini di lince, sarebbesi detto, forse a torto, che la signorina Merope, dovea essere distinta fra le invidiose.

Qualche volta mi pareva che i suoi occhi si avvincessero alle mie nude caviglie. Di primavera le tre finestre aperte mandavano su a vampate, nei raggi del sole, il profumo nuovo delle violette. Spesso un colpo di vento scompigliava d’improvviso tutte le pagine de’ miei libri. Ed io ridevo. Egli no. Egli seguitava a parlare, impassibile, un po’ curvato su me. Qualche volta il suo respiro mi toccava le mani. Ciò mi dava noia. Quasi di nascosto le ritraevo. Allora i suoi occhi diventavano scuri. A poco a poco la sua voce mi girava intorno, come si gira intorno ad una preda. Quest’uomo di trentacinque anni, questo mio educatore, questo prete, aveva una faccia consumata, non saprei dire se dal vizio, dall’astinenza o dal dolore; sembrava intelligente: forse non lo era; sembrava un malato, un incatenato, un soggiogatore di uomini costretto a servirli, un distruttore di obbedienze curvato a fatica sotto il giogo dell’umilt

Una giovane donna, quasi ancora una fanciulla; una natura eletta, bella, ammirata, desiderata, aleggiante nelle regioni sfolgoranti della poesia e dell'arte, portando un nome senza macchia e glorioso, ella, ancor innocente civettuola, accolta dovunque con un sorriso, lasciando dovunque desiderio di in partendo: quella natura di fiore e di stella si era vista, di un tratto, tuffata, perduta nei gurgiti scuri della polizia.

Nicla si raddrizzò sul busto, pallidissima, e piantò in faccia al conte gli occhi scuri. Perchè questa commedia? disse. Ebbene? egli rispose, cercando di vincere la sua irritata agitazione. Che è avvenuto? che vuole significare il suo sguardo di rimprovero? Ma Nicla insisteva a fissarlo, con disperato stupore dentro gli occhi, che Duccio abbassò un istante i suoi.

E la falange, armata di falci, di ronche, di scuri, di zappe, di schioppi, si riunì su la piazza, dinanzi alla chiesa. E tutti gridavano:

È curioso che quasi tutti coloro che vedono il ritratto dello Zola dicono: Questo viso non mi riesce nuovo. Ha il viso rotondo, un naso audace, gli occhi scuri e vivi, che guardano con una espressione scrutatrice, fieramente , la testa d'un pensatore e il corpo d'un atleta, e mani ben fatte e salde, di quelle che si stringono e si ritengono strette con piacere.

La tradizione racconta che egli chiuse e tenne tutta la prima notte, fra le vetrate e gli scuri di una imposta della stanza nuziale, la sposa come indegna di lui. «Sprezzò, si aggiunge, la sposa e la bastonò con modi barbari e crudeli. La povera Palmira dovette andarsi a chiudere a Suor Vincenza.

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti che più non duri, poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».