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Don Pietro, buona sera! disse il signor Aminta passando, e levandosi il cappello. Viene da noi? Dopo cena, sicuramente. Perchè non prima? Caro Aminta, la pentola è al fuoco, e non bisogna mancarle di riguardo. Poveraccia! È quella di tutti i giorni, e un sentimento di gratitudine comanda di esserle fedeli. Non vi pare? È giusto, è giusto; disse il signor Aminta.

Ecco il padre e i principali della cittá che vengono incontro per ricevervi con molt'amorevolezza; ma troveranno in voi tutto il contrario. EUFRANONE. Caro signore, siate il benvenuto, per mille volte molto desiato dalla sposa e da' principali di Salerno! DON IGNAZIO. Io vengo con voluntá assai diversa da quel che pensi: stimi che venghi a sposar tua figlia ed io vengo a rifiutarla.

Ed il maggior mio gaudio era allorquando In una chiesa io stava, i beati Di mia credente infanzia rammentando: Que' pieni di fede, in che insegnati Dal caro mi venian labbro materno I portenti onde al ciel siamo appellati! Di nuovo fean di me poscia governo La incostanza, gli esempi, ed il timore Dell'altrui vile e tracotante scherno;

Abbiate pazienza, caro Beppo, il diavolo non sar

«Caro, ti faccio io sorridere? Credo veramente che sorridi, mi accarezzi e mi baci, molto come il tuo amore che sono e un poco pure come una bambina che ti sembro in questo momento. Perchè io La credo capace, sarcastico signore, di questa cosa mostruosa: ridersi di me. Ciò ch'ella del resto non potr

Il lunghissimo tratto di via che è tra la prefettura e la stazione ci passò in un baleno; in una carrozza sul piazzale della ferrovia vedemmo la simpatica Aissa che ci buttò un bacio sulla punta delle dita. Se quel bacio non era precisamente il castissimo bacio degli angeli, è innegabile che per noi era assai caro. Salutammo gentilmente quella donna; il sapere che qualcuno serba dolce ricordanza di noi, ci fa piovere in cuore un sentimento di gratitudine, e in quei momenti che, volere o non volere, non sono così facili a ripetersi nella vita di un uomo, magnifichiamo certe cose alle quali in certi altri non daremmo alcuna entit

PANFAGO. Mi contento di quello che voi vi contentate di darmi, cosí il mio padrone desia la vostra amicizia. MANGONE. Eccovi quindici scudi; in casa vi darò gli altri: potrete annoverargli. PANFAGO. Credo alla vostra parola. MANGONE. Come si chiama lo schiavo? PANFAGO. Amore, padron caro. MANGONE. Di che paese? PANFAGO. Di Donnazapi, della provincia di Rabasco. MANGONE. Che nome voi mi dite?

E brutalmente soggiunse: Avete però avuto torto di astenervi.... Tutti i nostri organi hanno bisogno di esercizio, perchè non si atrofizzino.... Siete in tempo di riparare. Affrettatevi. La natura è immorale, caro signore. Essa ha ordinato l'accoppiamento non il matrimonio. Il resto lo abbiamo inventato noi e malamente. Non vi scandalizzate; la scienza rifar

Ci è caro ammettere che, mentre solo e unico fine d'alcuni tra i contraenti era un sogno di ripristinamento generale, un ritorno assoluto ai trattati del 1815, il governo francese non fosse trascinato a quei patti se non in conseguenza d'informazioni erronee che gli dipingevano lo Stato romano in preda all'anarchia e signoreggiato col terrore da una minoranza audace.

Il generale Bixio, entrando vivacemente, avvertì il dittatore che il nemico ritiravasi lentamente verso Villa San Giovanni, e dimandò se dovevasi sorprenderlo. E Garibaldi, affisando con sembiante di compiacenza l'audacissimo fra' suoi luogotenenti, che gli favellava in vernacolo genovese caro ai suoi orecchi: I nostri soldati hanno bisogno di riposo, e voi curatevi la ferita.