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DON FLAMINIO. Son piú di quattro mesi che me la godo a bell'aggio, io son stato il primo o secondo; e vi fo sapere che non è tanto bella quanto voi la fate, ché, toltone quel poco di visuccio inbellettato e dipinto, sotto i panni è la piú sgarbata e lorda creatura che si veda. DON IGNAZIO. Non basto a crederlo.

DON IGNAZIO. Non ho detto per farvi ingiuria, ché non conviene ad un mio pari voi la meritate: ve la chiedo per legittima moglie, se conoscete che ne sia degno. EUFRANONE. Essendo voi cosí ricco e di gran legnaggio, non convien burlar un povero gentiluomo e vostro servidore.

PANIMBOLO. Cosí son sicuro io che don Ignazio sta innamorato d'altra come son vivo. Ma come ch'egli è d'ingegno vivace e pronto, imaginatosi la fraude, rispose in cotal modo. DON FLAMINIO. Mi doglio del tuo mal preso consiglio.

DON IGNAZIO. Fratello, che aspetto pallido è il vostro! che pianto, che parole son queste che intendo da voi! DON FLAMINIO. Io son quello che a torto ho accusato appo voi quella donna celeste, il cui corpo fu tanto bello che non si vidde mai cosa tale. DON IGNAZIO. Io non so ancora di che cosa parliate.

E intanto l'esecutore testamentario, don Ignazio Martelli, di lui zio materno, aveva gi

Ma che suora? sclamò don Ignazio che aveva colta a volo la frase di sua figlia. Ho da sentir di peggio? Non si usa più adesso ad andar monaca. Non troveresti neppur il monastero. Oh, non è vero! Mi sono gi

POLISENA. Quel gentiluomo poverello che ce la chiese l'altro giorno? E che val nobiltá senza denari? avete l'esempio in noi. EUFRANONE. Non l'indovinaresti mai. POLISENA. Dimmelo, marito mio, di grazia: non mi far cosí struggere di desiderio. EUFRANONE. Non vo' farti piú penare. Con don Ignazio di Mendozza. POLISENA. Quel nipote del viceré della provincia, che combatté quel giorno con i tori?

DON IGNAZIO. Accetto l'anello e accetto l'offerta della sua persona; e se ben ne sono indegno, amar mi sforza ad accettarla. In ricompensa non so che darle se non tutto io; e se ben disseguale alla sua grandezza, accettatelo come io ho accettata la sua persona. CARIZIA. Comandate altro?

DON IGNAZIO. Perché, partito che fui da voi, andai in casa del conte e mi dissero ch'era andato a Tricarico e che trattava con altri dar la sua figlia, io mi ho tolto un'altra per moglie secondo il mio contento. DON FLAMINIO. Non credo sia maggior contento nella vita che aver moglie a suo gusto e suo intento. Quella signora d'Ispagna che trattava don Rodrigo nostro zio?

Trovarono il Marliani ritto in piedi colla testa un po' reclinata verso l'uscio d'onde era sparito don Ignazio, come un uomo che mastica fra una ingiuria segreta. Mio padre forse l'ha offeso disse la Elisa a occhi bassi. Io sono sua figlia e sono quì pronta a domandarle scusa per lui, se ella vorr