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Aggiornato: 1 giugno 2025
DON IGNAZIO. Mi nieghi Dio ogni contento se non ve la chiedo con la bocca del core, ch'io non torrò altra sposa in mia vita che Carizia. E in pegno dell'amore ecco la fede: accoppiamo gli animi come il parentado.
Mi lascia, e m'incontro con Panimbolo, il quale altresí mi dimandò di voi; e pregandolo mi dicesse che cosa chiedeva da voi, disse in secreto che don Flaminio aveva conchiuso col conte di Tricarico il matrimonio della figlia, e che vi vuol dare quarantamilla ducati purché foste andato a sposarla per questa sera.... DON IGNAZIO. Oimè, che pugnale è questo che mi spingi nel core?
Ma io, che tante volte v'ho fatto veder il falso leggiermente, or con tante ragioni non posso farvi creder il vero? DON IGNAZIO. E però non vi credo nulla, perché solete dirmi le bugie e conosco i vostri artifici. DON FLAMINIO. Ma se vogliamo adeguar il fatto, bisogna che ambodoi abbiamo pazienza, voi di ascoltare, io di parlare. DON IGNAZIO. Dite suso.
DON IGNAZIO. Si fusse altro che voi, ch'ardisse dirme questo, lo mentirei per la gola. DON FLAMINIO. Perdonatemi si son forzato passar i termini della modestia con voi, ché quanto ve dico tutto è per l'affezione che vi porto.
I preti poi, che per le beghine hanno la calamita, massime se giovani e belle, si lanciavan al soccorso delle loro predilette con un eroismo veramente degno dei tempi antichi di Roma. E si raccontarono poi dei fatti di coraggio non mai intesi nelle storie sacre dai Maccabei a Ignazio di Loiola e Domenico di Guzman.
DON IGNAZIO. Vi priego che trattiamo alla libera. EUFRANONE. Orsú, per obedirvi. DON IGNAZIO. Or veniva a trovarvi. EUFRANONE. Potevate mandar a chiamarmi, ché serei venuto volando. DON IGNAZIO. Son molti giorni che desio esservi parente; e son venuto a farmevi conoscere per tale, ché veramente sète assai onorato e da bene. EUFRANONE. Tutto ciò per vostra grazia.
Ecco il padre e i principali della cittá che vengono incontro per ricevervi con molt'amorevolezza; ma troveranno in voi tutto il contrario. EUFRANONE. Caro signore, siate il benvenuto, per mille volte molto desiato dalla sposa e da' principali di Salerno! DON IGNAZIO. Io vengo con voluntá assai diversa da quel che pensi: stimi che venghi a sposar tua figlia ed io vengo a rifiutarla.
Sempre più fieramente le rispondeva la nostra eroina, laonde, furioso il prete che vedeva scorrere il tempo senza approdare a nulla tornò alla porta, fece un segno e comparivano in suo soccorso Don Ignazio e Gianni.
DON IGNAZIO. Che sai tu che questo mi piaccia? SIMBOLO. Ve l'ho intesa lodar molto di bellezza, pregate don Flaminio che tratti col conte ve la conceda, passegiate tutto il giorno sotto le sue fenestre, e il pregio che guadagnaste nella festa de' tori mandaste a donar a lei. DON IGNAZIO. E ciò m'importa manco del primo. SIMBOLO. Sono stato a madonna Angiola. DON IGNAZIO. Ben?
CARIZIA. Vi priego a spiegarmi il vostro desiderio con le piú brevi parole che potete. DON IGNAZIO. Signora della vita mia e perdonatime si ho detto «mia», ché dal giorno che la viddi la consacrai alla vostra cara bellezza, io non desio altro in questa vita che essere vostro sposo: e perdonate all'ardire che presume tanto alto.
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