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PSEUDONIMO. Io son quello che fui sempre, son altro diventato. LIMOFORO. Forse ci siamo scambiati insieme. PSEUDONIMO. Mai viddi uomo tanto simile a me che mi fusse scambiato in lui. LIMOFORO. Forse siamo un'anima in duo corpi? PSEUDONIMO. L'anima mia stette sempre con me, si partí mai dal corpo mio per animarne un altro.

SENNIA. Per farti proprio tristo come dici. LALIO. O Dio, che volete che dica? SENNIA. Non t'ho lasciato con Eugenio e Olimpia nella camera? LALIO. , ma poi me ne uscii fuora. SENNIA. Perché ne uscisti? LALIO. Perché viddi.... SENNIA. Che vedesti? LALIO. Nulla. SENNIA. Prima dici che vedesti e poi dici nulla. Non posso cavarti di bocca una parola di questo fatto.

Cosi` scendemmo ne la quarta lacca pigliando piu` de la dolente ripa che 'l mal de l'universo tutto insacca. Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant'io viddi? e perche' nostra colpa si` ne scipa? Come fa l'onda la` sovra Cariddi, che si frange con quella in cui s'intoppa, cosi` convien che qui la gente riddi.

Quando c'è de la robba assai, l'uom può mangiar quel poco o quel molto che gli piace; il che del poco non accade. Poi, come l'uomo comincia, l'appetito cresce e bisogna empirsi il corpo di pane. STRAGUALCIA. Tu sei piú savio delli statuti. Io non viddi mai uomo che intendesse meglio il mio bisogno di te. Va', ch'io ti vo' bene. FRULLA. Va' un poco in cucina, fratello, e vede.

Ma, sia quel che si vuole, e' non è cosa che abbia sentita la grandine. Come io la viddi cosí fatta, fugge, sorelle, e serra l'uscio! E so che, per me, non ve tornarei sola; e, se qualcuna di voi non mel crede e voglia chiarirsene, io gli prestarò la chiave. Ma ecco Giglio.

ESSANDRO. Vien qua tu: conosci costui chi sia? GRANCHIO. Nol conosco il viddi pur una volta. ESSANDRO. Se non mi dici chi sei, ti passerò questa spada per i fianchi. NARTICOFORO. Saltem, annunciatemi, in che v'ha egli offeso? ESSANDRO. Non si vergogna questo pedante pedantissimo, feccia di pedanti, voler fare una mia cugina per moglie al suo figliuolo.

Tal che la vuol, in fine, ciò che tu vuoi. Odi, padrone. Ella non sentí prima nominarti che io la viddi tutta accesa de l'amor tuo. Or sarai ben, tu, felice. CALANDRO. Tu di' il vero. E' mi par mille anni succiar quelle labra vermigliuzze e quelle gote vino e ricotta. FESSENIO. Buono! Volse dir sangue e latte. CALANDRO. Ahi, Fessenio! Imperator ti faccio.

LECCARDO. Eccovi il mantello: fatevi vento, rinfrescatevi. DON FLAMINIO. Sará ancor finito tanto apparecchio? LECCARDO. Non è finito ancora. DON FLAMINIO. Almen s'è detto assai: torniamo a noi. LECCARDO.... Quando io viddi i cuochi occupati in partire e distribuire le robbe, fingendo aiutarli mi trametto e ne trabalzo le teste di capretti.... DON FLAMINIO. Orsú te le mangiasti, l'hai detto prima.

Ahi! che da quel giorno maledetto che la viddi, ho portato sempre questo sospetto attraversato nell'alma: e come il condennato a morte ogni romor che sente, ogni uscio che s'apre, gli par il boia che venghi e gli adatti il capestro al collo; cosí ogni parola, ogni motivo di mio fratello mi parea che mi la togliesse!

Cosi` scendemmo ne la quarta lacca pigliando piu` de la dolente ripa che 'l mal de l'universo tutto insacca. Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant'io viddi? e perche' nostra colpa si` ne scipa? Come fa l'onda la` sovra Cariddi, che si frange con quella in cui s'intoppa, cosi` convien che qui la gente riddi.