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Ernesto Pozzi è tutto quel che di più brianzuolo ci sia e ci tenga ad esserlo. Nato ad Acquate il 9 luglio 1843 il paesello del favoleggiato Don Abbondio negli ammirabili Promessi Sposi era spiegabile che i suoi volessero farne fuori un successore al tremebondo curato manzoniano. Però fra le mura del seminario di S. Pietro in Barlassina il piccolo Ernesto non trovò la vocazione pel santuario; sicchè, compiutivi i primi studii, spogliò la veste talare e le brache corte, ed il liceo Beccaria di Milano ebbelo fra i suoi più vivaci e più svegliati scolari. Ma nel 1860 c'era ben altro da fare che studiare filosofia. Ed Ernesto mise sotto chiave i sillogismi e se ne andò in Sicilia colla seconda spedizione, che ebbe nome dal generale Medici. L'et

Indovinava da tutto ciò, e dal contegno tranquillo del Della Valle, che la tempesta era stata scongiurata, ma non sapeva come, e non si affannava per ottenere la chiave del mistero. Aveva ben altro da pensare, povero Vharè! Capiva ormai che non gli restavano altro che due vie da scegliere; o fuggire, o ammazzarsi.

Il suo babbo era sempre il suo babbo e una donna, messa alle strette, non ha mai il cuore di respingere un'altra donna pensava quando implora compassione per amor di Dio. Picchiò una volta e non fu udita. Aspettò che il Toppa finisse di strimpellare e tornò a picchiare più forte. Questa volta qualcuno intese; la chiave scricchiolò e il volto della matrigna apparve nella fessura dell'uscio.

Stando così sulla soglia del negozio, assolutamente freddo, non pensando a nulla, mostrando solo la faccia pallida illuminata dallo sguardo, Toniolo aveva fatto fantasticare molte fanciulle del paese che, da quando egli rimase vedovo, avevano sentito più che mai il bisogno di prendere frequentemente della magnesia o del bicarbonato di soda; egli, enigmatico come un cofano vuoto chiuso a chiave, non aveva scoraggiata nessuna, vendendo a tutte la sua merce con la stessa fisionomia romantica ed incompresa, mostrando, nell'accartocciare gl'involti, le sue mani morbide, famigliari alle pomate, fini, lunghette, ornate al dito mignolo da un piccolo brillante, ed il sorriso vago di un uomo che insegue dei sogni.

dinanzi a noi pareva si` verace quivi intagliato in un atto soave, che non sembiava imagine che tace. Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!; perche' iv'era imaginata quella ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; e avea in atto impressa esta favella 'Ecce ancilla Dei', propriamente come figura in cera si suggella.

E tosto un grido di gioia eruppe dal suo petto oppresso. La chiave girava a meraviglia, la tavola dinanzi si abbassò lentamente, ponendo allo scoperto una quantit

Venga con me, mi disse, le ho preparato un posto in cantoria, proprio accanto all'organista. E, tirata fuori una chiave e aperta una porticina quasi invisibile, mi precedette al buio su di una scala di legno che scricchiolava.

Gioconda sentiva d'essere sul limitare di un piccolo segreto, il quale le avrebbe dato la chiave anche dell'altro, della domanda che spesso si rivolgeva: Ariberto era un amico o un nemico? aveva su Folco un ascendente che giovava a lei o le nuoceva? Tentò di cogliere Folco alla sprovvista. Chiese: Che cosa far

Bene, se crepo, fai piacere tu... To' la chiave. Andrai a casa mia, aprirai il cassetto del mio tavolino, troverai un libretto della Banca Popolare. Ci pensi anche alla spilla. Ci sar

I migliori ufficiali morirono o giacquero feriti: il nemico rimase padrone dei Quattro Venti chiave delle posizioni dominanti: ci si stabilì gagliardamente, e cominciò i suoi lavori di assedio come se Roma fosse piazza forte di primo ordine