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Aggiornato: 1 giugno 2025
DON IGNAZIO. Io per diligente informazione, che per molti giorni n'ho presa da molte onoratissime persone, ne ho inteso tutto il contrario. DON FLAMINIO. Dovete credere piú a me che a niuno. DON IGNAZIO. Credo a voi non al fatto. DON FLAMINIO. Anzi vo' che crediate al fatto istesso non a me.
DON IGNAZIO. Farò che si contentino. EUFRANONE. Fate che si contentino prima, e poi affettuaremo il matrimonio. DON IGNAZIO. L'amar mio non può patir tanto indugio; anzi mi maraviglio che dal giorno della festa come sia potuto restar vivo senza lei.
DON FLAMINIO. Da un buon fratello come vi son io bisogna dirsi la veritá, poi in cose d'importanza e dove ci va l'onore. DON IGNAZIO. Odo cose da voi non piú intese da altri.
So ben che la mia richiesta sarebbe a voi di poco onore: mi contento che ve n'entriate, pregandovi che in questo breve spazio, che non siamo nostri, di far buona compagnia al mio core che resta con voi né si partirá da voi mai; e ricordatevi di me. CARIZIA. Non ricordandomi di voi, mi smenticarei di me stessa. DON IGNAZIO. Amatemi come amo voi.
Mi fermo e veggio il cappellano: entro in ragionamento con lui, e mi dice che il conte questa mattina è gito a Tricarico a caccia, e mi dice che molti giorni sono che del matrimonio piú non si tratta, anzi stima che don Flaminio vuol dargli la baia. DON IGNAZIO. O Simbolo, che sia tu benedetto mille volte, ch'avendomi con la prima nuova tolto l'anima, con questa me l'hai riposta in corpo!
EUFRANONE. Vi priego a pensarvi su sei mesi prima; e se pur dura la voglia, allor me la potrete chiedere: ed io vi do la mia fede serbarla per voi insin a quel tempo. DON IGNAZIO. Sei mesi star senza Carizia? piú tosto potrei vivere senza la vita: e ben sapete che l'amante non ha maggior nemico che l'indugio.
Il libro del signor Romussi ci ha recata in quest'anno una grata sorpresa, ponendoci sott'occhio alcune lettere o frammenti di lettere giovanili del Bianconi, dalle quali ricaviamo il nome de' suoi tre primi amici. Il più intimo tra questi fu Giambattista Pagani di Brescia, col quale il Manzoni avea studiato a Pavia; le lettere del Manzoni ce lo mostrano affettuoso, devoto, pronto a render servigii, alcuna volta anche troppo, come quando volle dedicar di suo capo, in nome del Manzoni, a Vincenzo Monti il Carme In morte dell'Imbonati, che si ristampava in Milano dal De Stefanis. Veniva secondo Ignazio Calderari, che il Manzoni stesso chiamava aureo, amabile e rispettabile; e pure doveva essere un giovine ardente e pieno di entusiasmo, a giudicarne dalla lettera, in cui egli descrive il proprio viaggio a Brusuglio, la nuova villa manzoniana, per conoscere la madre dell'amico e per vedere se l'amico era sempre il medesimo. Pare che il Manzoni fin d'allora scrivesse lettere mal volentieri, e preferisse, stando a Milano, incaricare l'amico Calderari di mandare i suoi saluti al Pagani, anzi che scrivere egli stesso. "Aggiungi (egli scriveva al Pagani) che nel mio soggiorno a Milano la facilit
Essendosi rotta la guerra contro il Turco Ignazio si portava a Venezia dove conobbe il Caraffa; e desideroso investigare che avesse di buono l'ordine dei Teatini per farne suo pro prese stanza nel convento loro; anch'egli a visitare gl'infermi, e ogni altro esercizio di carit
Ed è possibile che si trovi cosí poca fede negli uomini? Or chi avesse creduto che don Ignazio, venutomi tanto tempo appresso per parlarmi e con tante affettuose parole, con tante lacrime e promesse, non fusse tutto fuoco e fiamme per Carizia?
Ah, questa è graziosa tanto, esclamò Mario, con un riso cadaverico. Non si è mai abbastanza ignoranti. Fra i cavalieri della corona d'Italia, Ignazio Cipicchia era il più infelice di tutti, a causa del suo matrimonio con Felicetta Cobianchi, per quanto lei, poveraccia, osservasse scrupolosamente i suoi doveri di donna, di cittadina, di sposa e di futura madre di famiglia.
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