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La sera tornarono al Manzoni: Nora era in teatro, e all'uscita arrossì ancora di più, ma questa volta, prima di abbassare il capo, guardò il duca alla sfuggita. Il Casalbara era rimasto palpitante, tremolante: il suo cuore tornava a battere forte come i primi anni, a Torino, quando il martire giovinetto, biondo ed esile, passeggiava melanconicamente sotto i portici di Po.

Così sono uscite dal cuore di un marito credente, del Manzoni, in somma, queste belle e solenni ultime parole, con le quali il Conte raccomanda la moglie e la figlia al Gonzaga: Quando rivedran la luce, Di' lor.... che nulla da temer più resta.

Amico vero A. MANZONI" Sopra la lentezza relativa del Manzoni nel preparare le sue tragedie il Sainte-Beuve ci diede questi schiarimenti: "Il Manzoni, tutti lo sanno, lavorava le sue tragedie lentissimamente. Questa lentezza, che può dipendere da diverse cagioni, come per esempio dalla delicatezza di un'organizzazione nervosa, la quale si può trovare impedita a tener sempre dietro alla fantasia e all'intelletto, questa lentezza considerata in stessa non sar

Quando Matteo entrò al Manzoni, il dirigente che lo vide passare, voleva scansarlo; ma l'altro gli corse dietro. Si conoscevano da tanti anni: in varie occasioni si era prestato cortesemente. Matteo Cantasirena dimenticava qualche volta i nemici: gli amici mai. Sua figlia era sposa. Ma.... silenzio con tutti. Mi date la vostra parola d'onore? Sposa il duca di Casalbara.

Tutto ciò è grande, è vero, è degno del Manzoni, e si capisce che dovesse piacere al Mazzini, ma stona nel linguaggio di un Principe longobardo del IX secolo. Come tragedie storiche, il Carmagnola e l'Adelchi, mi paiono, sia detto con tutto il rispetto de' loro pregi letterarii, lavori sbagliati; ma essi, oltre all'importanza che hanno per le novit

Il Manzoni dovea essere tornato da Pavia meno entusiasta del Monti che non fosse quando vi si era recato: ne' litigi letterarii che il Monti ebbe col Foscolo, il Manzoni non parteggiò forse per alcuno, ma probabilmente ascoltò più volentieri il poeta più indipendente.

Noi abbiamo fin qui toccato del Manzoni come riformatore dello stile poetico italiano, come scrittore religioso e come autore di tragedie storiche ed autobiografiche. Vediamo direttamente e particolarmente lo scrittore politico. Le opinioni politiche espresse in verso da un giovinetto di quindici anni non sembrano doversi pigliare molto sul serio. Quella spontaneit

«Non avvi idiota, il quale non sia in grado, al più o meno peggio, di esercitare il mestiere del critico. È tanto facile stampare su un quadrato di carta: Manzoni è un gramo poeta, Verdi fa della musica intollerabile. Vela è uno scrittore mediocre; ma non è dato che agli artisti di genio scrivere il Cinque maggio, fare un'opera come il Rigoletto e trarre dal marmo uno Spartaco.

In quell'anno medesimo il Manzoni aveva composto una Canzone di tessitura classica, in onore delle Nove Muse. Ne ho veduto un frammento non molto felice. Ogni strofa dovea descrivere una Musa.

Notiamo, tuttavia, come ci sembri molto probabile che l'ultima strofa sia stuta composta dal Manzoni tra il poetico furore delle Cinque gloriose Giornate di Milano.