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Aggiornato: 1 giugno 2025


Il povero Siccio, per l'amore che portava al bambino ed alla casa, fu il primo congedato quando la caterva dei paolotti penetrò nel Santuario domestico per impadronirsi d'ogni cosa. "E il ragazzo?" dimandava Suor Flavia ad Ignazio.

LECCARDO.... è morta, e morta disonorata! DON FLAMINIO. O Dio, che nuova è questa che tu mi dái? LECCARDO. E mi dispiace darvela: e non vorrei sentiste da me quello che sète per intendere; ma avendolo a sapere, fate buon animo. Don Ignazio non so che ingiuriose parole disse ad Eufranone.

Ramentati quella infinita bellezza, e secondo quella giudica l'error mio. Qua ha peccato la sorte non la voluntá; e quando l'effetto che succede è contrario alla voluntá, purga il biasmo di chi il commette. DON IGNAZIO. O falsa defension di vera accusa! Te accesero fiamme amorose de' suoi begli occhi?

DON IGNAZIO. Or questo è peggio, farmi penar di nuovo in ascoltar le tue scuse. Che hai tu fatto? SIMBOLO. Son stato al maestro delle vesti. DON IGNAZIO. Cominci da quello che manco m'importa. SIMBOLO. Cominciarò da quello che piú vi piace: sono stato a don Flaminio vostro fratello, per saper la risposta che ave avuto dal conte di Tricarico della vostra sposa.

Ah, quella donna era pratica di tutto, anche della syringa vulgaris! Come Dio volle, si diede in tavola: e Ignazio ebbe un po' di respiro fino al fritto.

Ignazio si sentì piccino piccino, davanti a una signora che osava rimontare al decimo secolo, e s'arrischiò a balbettare: Ah, è vero: la musica sacra: ho inteso, in San Pietro, la famosa messa di Palestrina.... È bella , ma omai un po' volgaruccia. Ha sentito mai la messa che Guglielmo di Machault ha composto per la consacrazione di Carlo V? Io no. E io neppure: ma me la figuro.

EUFRANONE. Alzatevi, signor don Flaminio, ché la vostra soverchia creanza non facci me malcreato: ardisco abbracciarvi perché me lo comandate. DON IGNAZIO. Intendo, signor don Rodorico, che per accomodar il fallo di don Flaminio l'avete ammogliato con l'altra sorella.

Bravo, bravo! sclamò don Ignazio entrando nel salotto e mettendosi a sedere. Oh, giacchè siamo soli, parliamo dunque un poco seriamente dei nostri affari. Il suo amico che mi fece l'onore di domandarmi in di lei nome la mano della mia Elisa, le avr

Risolse di farla finita col tutore; di parlargli fuor dei denti, di ottenere insomma quello a cui gli pareva di aver diritto. Ci pensò un paio d'ore, poi piuttosto che aver a fare con don Ignazio si aperse alla balia. La balia gli aveva detto di avere dodicimila lire alla Cassa di risparmio.

DON IGNAZIO. Prima, avendo io ingiuriato Eufranone, a me tocca la sodisfazione togliendo io la rimasta sorella, ed egli allor sará reintegrato nel suo onore.

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