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Aggiornato: 1 giugno 2025


ANGIOLA. Se ben quel che mi chiedete non abbi molto dell'onesto, pure traporrò l'autoritá mia, per quanto val appo lei, d'indurlaci; ché, raggionandosele de voi, ho conosciuto nel suo animo non so che di tacito consentimento. Fratanto che attendete la risposta, potrete trattenervi qui intorno, ché io vo' entrar in casa. DON IGNAZIO. Che dici, Simbolo?

DON IGNAZIO. Non vedi? dove l'aria è piú tranquilla e tutto gioisce, ivi è la sua persona. SIMBOLO. Ah, ah, ah! Ecco don Flaminio, state in cervello. DON FLAMINIO. Oh, signor don Ignazio, voi siate il ben trovato! DON IGNAZIO. E voi il benvenuto, carissimo fratello! DON FLAMINIO. Poni mano a darmi una buona mancia, ché onoratissimamente me l'ho guadagnata.

Tu mi consoli, caro Enrico sclamò con giubilo don Ignazio. Mi piace sentirti a parlare così dei Barnabiti! Enrico sorrise. Dunque siamo intesi. Ora veniamo alla morale. Tu gi

DON IGNAZIO. Per farvi partecipe d'una mia allegrezza; ché so che ve ne rallegrarete come me ne rallegro io, amandoci cosí reciprocamente come ci amiamo. DON FLAMINIO. Rallegratemi presto, di grazia.

Don Ignazio trasse di sotto alla gonnella una boccetta, ne vuotò il contenuto in un bicchiere ed aiutato dalla suora, sollevò il capo della moribonda che aprì macchinalmente la bocca e bevette fidente od inconscia tutta la pozione.

SIMBOLO Ben, che avete deliberato di fare? DON IGNAZIO. Per dar fine alle tante volte desiato e non mai conseguito desiderio, tôrla per moglie. SIMBOLO Avetici molto ben pensato prima? DON IGNAZIO. E possedendo lei non sarò un terreno iddio? SIMBOLO Avertite che chi si dispone tôr moglie, camina per la strada del pentimento: pensatici bene.

DON FLAMINIO. Vi lascio le sue cose in vece di lei per questo breve tempo che mi è concesso goderla. DON IGNAZIO. Eccole, tornatele adietro. DON FLAMINIO. Vi lascio la buona notte. DON IGNAZIO. Anzi notte per me la piú acerba e d'infelice memoria che sia mai stata!

²²⁷ Provviste del Senato, a. 1793-94, p. 35. A titolo di onore ecco i nomi dei coraggiosi che ruppero contro questa malnata associazione di malfattori: 1. Bald. Platamone, Duca di Belmurgo, Pretore; 2. Ignazio Branciforti; 3. Fr. Parisi, Principe di Torrebruna; 4. Carlo Cottone, Principe di Villarmosa; 5. Gius. Amato, Principe di Galati; 6. Ignazio Migliaccio, Principe di Malvagna; 7. Pietro Ascenzo, Principe di Alcan

Disastro così grave ne metteva in luce un altro meno generale, ma non meno grave. Ignazio Mustica, cassiere del civico Banco, falliva d’una ingentissima somma: chi facevala ammontare a cinquanta, chi a settantamila scudi. Come avea potuto egli trascinare a così inattesa iattura il paese? Con la connivenza e la cooperazione di alcuni ribaldi: il libreri (ragioniere) Giuseppe La Rosa e lo scritturale Salvatore del Carretto; coi quali, appena scoperto, prendeva il largo, più destro e fortunato degli autori delle frodi e falsit

SIMBOLO. Vi offro fedeltá e franchezza nell'uno e nell'altro. DON IGNAZIO. Io ardo della piú bella fiamma che sia al mondo; e accioché tu sappi a puntino ogni cosa, cominciarò da capo.

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