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Il principe di Lavandall scostò Vitaliana, rinculando verso la porta del gabinetto. Lo aprì, uscì, lo chiuse a chiave dietro a lui, e trascinò Vitaliana in una stanza appartata. Voi avete dimandato, duchessa mormorò il principe a voce bassa: che fa egli dunque? rispose Vitaliana, commossa dell'aria che prendeva il diplomatico russo. Ebbene, duchessa, vostro marito ruba.

Le si chiudeva la gola, forse; perché la sua voce si affiochiva, prendeva un tremolìo di pianto contenuto. Lo stesso nodo serrava la mia gola. Ci pensai. Anche pensai, quando tu volesti condurmi qui, che ero divenuta indegna di lei, indegna d'essere baciata su la fronte, d'essere chiamata figliuola. Ma tu sai come noi siamo deboli, come facilmente ci abbandoniamo alla forza delle cose.

Si impiegavano sei ore per trasferirsi in vettura da Milano a Pavia; non era permesso di varcare senza passaporto i confini della Venezia. Le maschere carnevalesche erano insulse e indecenti. Ai veglioni della Scala non era permesso lo accedere senza l'abito nero e un piccolo domino alla spagnuola, che ordinariamente si prendeva a nolo per dieci o venti lire.

E dopo un mese di torture inaudite, non trovando forse di averlo reso abbastanza infelice, la giovine si prendeva giuoco del suo dolore, con quella lettera enigmatica, insultante. Ricacciò con forza le lacrime e risoluto si alzò. Non credeva alle parole di lei: era un tranello. Voleva vederla per l'ultima volta, parlarle, esigere una spiegazione.

C'era un fil di ridicolo in quella condizione di laici che volevano parer frati. Ma bisogna dire ad onor loro che non si curavano affatto di ciò, e che la noncuranza prendeva carattere di dignit

Tutte le sere diceva a Maria: Lascia aperta la porta e lascia il lume acceso, affinchè la poveretta, se tornasse, non abbia a smarrirsi nel buio. Dicendo così, non credeva. E tutta la notte vegliava orando, intanto che Maria prendeva un po' di riposo nel lettuccio abbandonato.

E Nancy, che prendeva il thè nel piccolo giardino del Gartenhaus a Staten Island, sorseggiò compunta la profumata bevanda nelle nuove tazze ad orlo viola di Fräulein Müller. «Ach! was sagst du»? disse Fräulein. E per molto tempo si videro le sue labbra muovere in astruso calcolo multale. Poi disse: Posso darti quarantasette dollari.

L’Accademia attendeva allo studio del corpo umano. Dodici volte all’anno, nella sua sede di S.a Lucia, vecchi maestri in mezzo a giovani laureati, con premurosa attenzione assistevano alle dissezioni anatomiche. S.a Lucia era la casa che prendeva nome dalla vicina chiesa presso lo Spedale grande (palazzo Sclafani). Oggi essa è una semplice memoria; ma chi s’indirizzi per la via dei Biscottai e, giunto sotto l’arco dello Spedale, volti a sinistra verso la turpe via del Fondaco, scoprir

Tardi però s’accorgevano che questi, debole per come principe, non con armi proprie ne prendeva la tutela, ma con quelle di altri stranieri. Nondimeno in Italia a quel tempo ogni Comune, novello polipo, viveva gi

Il salotto, tenuto in penombra dalle pesanti tende di stoffa delle finestre, ingombro di seggiole, di poltrone, di tavolinetti sovraccarichi di preziosi gingilli e di vasi giapponesi colmi di rose gialle che spandevano per l'aria acutissimo profumo, con due antichi arazzi alle pareti inquadrati dal fondo azzurro della tappezzeria di broccato, prendeva in quell'ora vespertina, un'insolita aria di mistero, accresciuta dalla severit