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PANFAGO. Se prima non fo un poco di collazione e mi beva duo bicchieretti di vino, non arai ben di me tutt'oggi. DOTTORE. Se mi darai modo che ricuperi Melitea e mi vendichi di costoro, ti darò tal mancia che non arai piú a morirti di fame mentre sarai vivo.

Ma conviene sapere che il governo austriaco vi provvide come mi fo a narrare.

Due minuti dopo, la contessa rientrava, sola, nel salotto, e con le belle braccia incrociate si fermava davanti a Eugenio Jung. Dunque, tu mi vuoi compromettere? Ma che fo, io? Sfido! Son gi

Egli aspettava forse una risposta, poichè si fermò, essendo tremante per tutte le membra. Il conte Alessandro, pallido come un chiaro di luna, si tacque. Il principe riprese, di voce solenne: Io ti fo giudice adesso. Se io sono colpevole verso quella donna, vendicala ed uccidimi. Se non lo sono, tu mi oltraggiasti. Ti aspetto dunque domani, qui. L'uno di noi debbe restarvi.

LARDONE. Lo fo accioché il vino cali a poco a poco; e quel «glo glo» son le trombette, i pifari e i tromboni con i quali io l'onoro. Questo come si chiama? CAPPIO. Malvasia. PEDANTE. Lascia questo, ché il nome t'addita che è malvaggio. LARDONE. Anzi il contrario; ché «malvasia» non dice che sia malvaggio, ma dice: «mal, va' via», perché egli ti pone la sanitá nel corpo. E questo? CAPPIO. Lacrima.

Che fo io qui? Il mio cuore è pieno di amarezza. Amo quella donna come un dissennato, e non so mettere insieme quattro parole da dirle, sicchè ella m'avr

Se io sposo costei, subito cognoscerá che io femina e non maschio sono; e, da me scornati, el padre e la madre e la figlia porriano farmi uccidere. Negar di sposarla non posso; e, se pur niego di farlo, sdegnati, a casa maladetta me ne manderanno. Se paleso esser femina, io medesima a me stessa fo il danno. Tener cosí la cosa piú non posso.

Ma lui.... capite? quando paga, paga bene. Questo è il manco! disse il collega scrollando il capo, ma non senza darsi involontariamente una fregatina di mani. Del rimanente, a voi tocca a far nascere l'occasione; perchè io, in questa sorte di cose, non son uso a metter fuoco ai buschi; e per non espormi a' garbugli del poi, non fo mai il provocatore.

POLINICO. Donque hai tu detto mal di me? FESSENIO. Tu stesso il di'. POLINICO. Pazienzia! Non intendo quistionar teco, ché saria uno gridare co' tuoni. FESSENIO. El fai perché non hai ragion meco. POLINICO. El fo per non usare altro che parole. FESSENIO. E che potresti tu mai farmi in cent'anni? POLINICO. El vederesti. E cosí, cosí... FESSENIO. Non stuzzicar, quando fumma el naso de l'orso.

Perchè poni tu in me questi palpiti Ricchi d'amor? Questi doni a te fo perchè basso Non t'alletti nocevole incanto; Perchè vago del bello più santo, A tal bello tu spinga altri cor. Io t'ammiro, ed ahi! quelle mi mancano Voci stupende, Che dir ponno quai movi nell'anima Alti desir.