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Aggiornato: 28 maggio 2025


Ho paura.... non so.... vien gente davvero.... Alle otto io son qua. E sia.... ma non te l'assicuro.... vieni alle otto.... se mi vedrai vestita per uscire, allora.... Il cavalier Clemente Mascagni entrò nel salotto, e la contessa gli mosse incontro col più amabile dei sorrisi. Il marchesino Eugenio Jung salutò e andò via con passo leggero e il viso raggiante.

Il dottore, con la guardia e col marchesino, scese nel portone e dichiarò, sul suo onore, essersi dileguato qualunque sospetto di morbo epidemico. Poi, si ritirarono tutti, mentre il conte Ottavio Reginaldi, stringendo la mano al marchesino Jung, gli diceva, strizzando gli occhi: Perdoni il disturbo, signor Martini!

Fabio Nannarelli (Poesie, Le Monnier, 1853 e 1856) è un poeta di ingegno non comune, cui arride certo un bell'avvenire; ha uno spirito nobile, appassionato del vero, che egli cerca nella poesia e nella vita, senza traccia di leggerezza e di frivolezza, come del resto tutta la giovane scuola poetica romana. Nannarelli conosce la letteratura tedesca, è un ammiratore di Schiller e di Lenau, sui quali ha scritto una monografia; ha in profondi elementi tedeschi, e la sua Musa ha un carattere strettamente germanico. La sua nota fondamentale è melanconica, grave e appassionata. V'è nella sua poesia un alito di morte, che sembra esser venuto a lui dalla Piramide di Caio Cestio, alla cui ombra dormon le ombre di Jung e di Schelley, grandi genî poetici riflessivi, così insoliti nella terra di Roma. L'insufficienza di una esistenza male ordinata, che i Romani sentono ogni giorno di più, più di un inglese o di un tedesco, spinge Nannarelli a cercare la solitudine e a sentire il culto del dolore, che in lui non è del tutto scevro di sentimentalismo. Sentendo l'abisso che separa l'aspirazione dalla realt

Due minuti dopo, la contessa rientrava, sola, nel salotto, e con le belle braccia incrociate si fermava davanti a Eugenio Jung. Dunque, tu mi vuoi compromettere? Ma che fo, io? Sfido! Son gi

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