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Aggiornato: 4 maggio 2025
Nannarelli tentò anche un poema, in versi sciolti, che risale alla sua giovinezza: Guglielmo. Egli vi narra la storia d'un amore infelice, che egli afferma aver tolta fedelmente dal vero. Guglielmo, costretto per ragioni politiche a cercare un asilo nel laboratorio d'uno scultore in bronzo, s'innamora della figlia dell'artista; ne fa in bronzo una bella imagine; lo troviamo, anzi, intento a questo lavoro ch'è riuscito assai bene. L'autore non mantiene poi la promessa fatta in questo buon principio, poichè l'azione non si svolge convenientemente, nè giunge ad una logica conclusione. Che un giovine ami, senza esser corrisposto, una ragazza, può essere una infelicit
Don Giovanni è insieme mecenate e poeta, ed esser mecenate nella Roma d'oggi è grandemente più utile che esser poeta. La giovane scuola dei poeti romani, confortata ed aiutata da lui, gli si raggruppa intorno come libera accademia per reciproco incoraggiamento ed emulazione. Nomino solo gli ingegni più originali, personali e indipendenti: Fabio Nannarelli, Ignazio Ciampi, Paolo Emilio Castagnola, Giambattista Maccari, e la poetessa Gnoli. Questa scuola ha fondato un organo proprio, sotto gli auspici di Torlonia, che promette di aver una parte non indifferente nella letteratura di Roma. Si chiama «La Strenna Romana». Si chiama Strenna in Italia quel che noi chiamiamo Musenalmanach. Questa Strenna uscì la prima volta, a cura del Torlonia e del Castagnola, il primo dell'anno del 1858. Conteneva poesie e prose varie; fra l'altro riproduceva un frammento della Cronaca di Viterbo di Nicola della Tuccia, fatta stampare dal Ciampi. Questa miscela di poesie liriche e di scritti storici non è da lodarsi, ed io esprimo ai miei amici di Roma il desiderio di veder presto la parte poetica separata e pubblicata in volume a sè. Questa promiscuit
Fabio Nannarelli (Poesie, Le Monnier, 1853 e 1856) è un poeta di ingegno non comune, cui arride certo un bell'avvenire; ha uno spirito nobile, appassionato del vero, che egli cerca nella poesia e nella vita, senza traccia di leggerezza e di frivolezza, come del resto tutta la giovane scuola poetica romana. Nannarelli conosce la letteratura tedesca, è un ammiratore di Schiller e di Lenau, sui quali ha scritto una monografia; ha in sè profondi elementi tedeschi, e la sua Musa ha un carattere strettamente germanico. La sua nota fondamentale è melanconica, grave e appassionata. V'è nella sua poesia un alito di morte, che sembra esser venuto a lui dalla Piramide di Caio Cestio, alla cui ombra dormon le ombre di Jung e di Schelley, grandi genî poetici riflessivi, così insoliti nella terra di Roma. L'insufficienza di una esistenza male ordinata, che i Romani sentono ogni giorno di più, più di un inglese o di un tedesco, spinge Nannarelli a cercare la solitudine e a sentire il culto del dolore, che in lui non è del tutto scevro di sentimentalismo. Sentendo l'abisso che separa l'aspirazione dalla realt
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