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O Dio, potessi allargarmi questo ventre altro tanto per verso, spalancarmi questa bocca, accrescermi un altro filaro di denti, allongarmi questo collo, che se mai fui Mastica ci serò questa sera, che non cessarò di masticar mai finché non toccherò con le dita che son pieno fin alla gola. Lascierò le parole, ché non cenino senza me. ANASIRA sola.

Balia ANASIRA commare MASTICA parasito OLIMPIA giovane TRASILOGO capitano SQUADRA suo servo LAMPRIDIO innamorato PROTODIDASCALO suo pedante GIULIO studente SENNIA vecchia madre di Olimpia TEODOSIO vecchio marito di Sennia EUGENIO suo figlio FILASTORGO vecchio padre di Lampridio LALIO paggio Capitano di birri. La scena dove si rappresenta la favola è Napoli. BALIA, ANASIRA comare.

La donna piace per un poco, poi viene a fastidio; ma questo quanto piú invecchiamo piú ne piace. Lasciam questo: che cerchi da me? BALIA. Ho da farti un'ambasciata di Olimpia. MASTICA. Che fa? BALIA. Eh! che fa la povera martorella? piange e sospira sempre, so come gli occhi possano supplire a tante lacrime e il petto a tanti sospiri. Io ho visto femine innamorate, ma non mai come questa.

MASTICA. Scostiamci di qui, che non siam visti ragionare insieme. LAMPRIDIO. Eccomi. MASTICA. Sappi che quando la vecchia mandò a chiamare Olimpia da Salerno, la voleva maritare con un certo capitano sciagurato....

SQUADRA. Fermatevi, padrone, ché vien Mastica e un giovanetto, qual stimo il romano. Ascoltiamo un poco: forse ragionano su questo fatto. MASTICA. Anzi or veniva insino a Salerno a recarti la piú lieta novella che tu avessi avuta giamai. LAMPRIDIO. Perdonami se a torto mi sono adirato teco. MASTICA. Conosci tu questa lettera? LAMPRIDIO. Oimè, d'Olimpia mia!

O bello inganno, ben veramente mostra esser uscito dal suo ingegno divino! MASTICA. Non piú, basta: non l'hai letta, vuoi tu leggerla un'altra volta? LAMPRIDIO. Deh, lasciami leggere tutto oggi, ché mentre leggo questa parmi che ragioni seco! MASTICA. Fermati, dove vai? LAMPRIDIO. Vo a casa di Giulio a trovar le vesti per vestirmi da turco e venir or ora a casa vostra. MASTICA. Ascolta, aspetta.

S'han dato la fede di nascosto d'esser marito e moglie; e non altro che la commoditá manca a dar fine agli affanni loro. E di questo amore Mastica, il servitore di casa, era il mezzano, che Lampridio l'avea corrotto con dargli benissimo da masticare.... ANASIRA. Questo deve essere il suo primo amore: però è cosí furioso.

MASTICA. Ti porto cosa miglior di questa. LAMPRIDIO. Che cosa mi potrá esser piú cara e miglior di questa? Parla presto: che nuova m'apporti d'Olimpia? MASTICA. Nulla, ma lei tutta insieme. Lampridio, perpendi gl'inganni, non credere, son tutte nughe. LAMPRIDIO. Dimmi, Mastica, dove mi porti Olimpia? PROTODIDASCALO. Se non la porta dentro quel suo tumido ventre, ignoriamo dove la porti.

Cattiva lingua.... soggiunse il signor Nicola ridendo. Il medico finse di ridere esso pure, per mostrarsi disinvolto, ma la sua fisonomia tradiva i suoi pensieri. Esso aveva l'aspetto d'un uomo che mastica fiele e vuol far credere che gli trova il gusto dello zucchero.

Dammela ché me la pongo nel petto, anzi nel core anzi nell'anima. PROTODIDASCALO. Eh! Lampridio Lampridio, tu dispreggi le mie parole, eh? non ti lasciar deludere. MASTICA. Adaggio, ché abbiamo a far un patto tra noi.