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PROTODIDASCALO. O quam melius non stuzzicassi i carboni semivivi, semisopiti sotto la cenere, che ogni favillula dandole fiato cresce in gran fiamma. Però smorzalo. LAMPRIDIO. Oimè come vuoi ch'io lo smorzi se tutto ardo? e Amor fattamente soffia nelle faci che m'ave accese nell'alma, che sono avampato di sorte che son tutto di fuoco.

PROTODIDASCALO. Dico «culinaria» seu «coquinaria», cioè di cocina; questo è un sinonimo. LAMPRIDIO. Maestro, di grazia pártiti di qui, ché non può esser ben di me se mi stai d'intorno. PROTODIDASCALO. Leggi un poco questi endecasillabi che t'insegnano a non farti deludere. LAMPRIDIO. Va' col nome del diavolo tu e tuoi versi: che seccaggine è questa!

Dammela ché me la pongo nel petto, anzi nel core anzi nell'anima. PROTODIDASCALO. Eh! Lampridio Lampridio, tu dispreggi le mie parole, eh? non ti lasciar deludere. MASTICA. Adaggio, ché abbiamo a far un patto tra noi.

PROTODIDASCALO. La fiamma ti comburerá l'ali, caderai deplumato e ustulato come il Dedalide patronimice loquendo: Icaro figliuolo di Dedalo. LAMPRIDIO.... da cui per esser stato cosí lontano, non so come le tenebre non m'abbino accecato e spento in tutto.

PROTODIDASCALO. Vuoi tu per questo appeter la morte? LAMPRIDIO. Assai meglio che mal vivere. Sendo mancata la mia nel cuor di quella di cui l'imagine è piú viva nel mio che non v'è l'anima istessa, ed essendo morta per me chi era cagione che a me fusse cara la vita, non mi curo piú d'anima di vita. GIULIO. Sei tu disperato?

Lampridi Lampridi, timeo actum esse de te. SQUADRA. Sia benedetto Idio che siamo usciti di tanti «voglio e non voglio» e «che si facevano e che non si facevano»; ché al fin s'è voluto e si fanno queste nozze. PROTODIDASCALO. Rumina un certo quid de nupzie e ringrazia l'altitono Giove che sian pur fatte. GIULIO. Fermati, Squadra. SQUADRA. Chi spensierato trattien un carico e che ha che fare?

MASTICA. Ti porto cosa miglior di questa. LAMPRIDIO. Che cosa mi potrá esser piú cara e miglior di questa? Parla presto: che nuova m'apporti d'Olimpia? MASTICA. Nulla, ma lei tutta insieme. Lampridio, perpendi gl'inganni, non credere, son tutte nughe. LAMPRIDIO. Dimmi, Mastica, dove mi porti Olimpia? PROTODIDASCALO. Se non la porta dentro quel suo tumido ventre, ignoriamo dove la porti.

Amore è cosí insignorito di me e con forti catene mi tiene avinto che non mi lascia partire. PROTODIDASCALO. Io dunque, imponendo coronide al mio dire, ti lascio senza medico e senza medicina. Vale. LAMPRIDIO. Io me ne andrò a casa, ché se ben sto col corpo fuore, l'animo è dentro. Oimè, chi sono costoro che vengono? TEODOSIO, CAPITANO di birri, LAMPRIDIO.

Subito che serai intrato in casa, comanda che si tiri il collo a quante galline ci sono e che mi siano dati dinari per comprar robbe. LAMPRIDIO. Eccoti dinari, spendi ciò che tu vuoi, non me ne render conto. PROTODIDASCALO. È stato supervacuo admonircelo, egli lo fa indesinenter; non è oggi il primo giorno che cognovisti eum.

Anzi fammi una grazia, fratello: menami al Molo grande, ch'io voglio or ora buttarmi in mare. PROTODIDASCALO. Oh miserrimo chi segue questo giovenecida Amore! Germanule, andiamgli dietro, ché non incida in qualche discrimine della vita. TRASILOGO. Dunque un romano ará tanto ardimento da farmi un simile inganno? SQUADRA. Chi v'ha rivelato questa cosa, padrone?