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La miserella intra tutti costoro pareva dir: <<Segnor, fammi vendetta di mio figliuol ch'e` morto, ond'io m'accoro>>; ed elli a lei rispondere: <<Or aspetta tanto ch'i' torni>>; e quella: <<Segnor mio>>, come persona in cui dolor s'affretta, <<se tu non torni?>>; ed ei: <<Chi fia dov'io, la ti fara`>>; ed ella: <<L'altrui bene a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?>>;

I tuoi baci!... Ancora i tuoi baci!... Tutti i tuoi baci!... Fammi rivivere! Rivivere!... Rivivere! Pietro Laner era rimasto spaventato. Invece di rispondere a quei baci cercava di calmarla, di quietarla. Signora duchessa! Ma.... non si faccia sentire!... Non parli così forte, per amor del cielo! Essa si scostò di colpo, lo guardò seria, accigliata: Giurami che non partirai! Ma....

È forse infallibile costui?... riprese. Quand'anche? Voglio sacrificare la mia vita al tuo e al mio sogno! Non me n'importa! Fammi morire così, Dario!... Sarò felice di morire così!... E mi si gettò tra le braccia con un delirio di baci. C'è il signor Lostini mi annunziò il cameriere.

Che conciliaboli avete? dimandò la signora Susanna. Nulla, nulla rispose con fretta affannosa Diana Varedo. Sono io che non mi sentivo... che non mi sento bene... Anzi, Alberto, te ne prego, fammi avere un bicchier d'acqua. S'era un pretesto, non poteva esservene alcuno che avesse maggiore apparenza di verit

Oh, Tullio, Tullio, soffocami, fammi morire! Non posso, non posso, intendi?, non posso più reggere; non voglio più soffrire. Ella gridava esasperata, guardandosi intorno con occhi di pazza, come per cercare qualche cosa o qualcuno che le desse l'aiuto che io non potevo darle.

<<Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto>>, dissi, <<e fammi prova ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!>>. Onde la luce che m'era ancor nova, del suo profondo, ond'ella pria cantava, seguette come a cui di ben far giova: <<In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava,

vita beata che ti stai nascosta dentro a la tua letizia, fammi nota la cagion che presso mi t’ha posta; e perché si tace in questa rota la dolce sinfonia di paradiso, che giù per l’altre suona divota». «Tu hai l’udir mortal come il viso», rispuose a me; «onde qui non si canta per quel che Bëatrice non ha riso.

Però, Tina mia, un uomo non è mai come ci pare la prima volta: bisogna conoscerlo, e poi mutiamo anche noi a suo riguardo. Egli è brutto, ne convengo. Lo hai guardato nella faccia quando ti ha dato i quattro scudi e ti ha detto: vado via, fammi lume subito perchè potrei pentirmi? No. Io ho sentito che la sua voce tremava: ero coll'orecchio incollato all'uscio. Tina fu scossa da un brivido.

NARTICOFORO. bene, non desidero saper altro se non se sète lui o me. PANURGO. Diavolo, fammi essere altro se non che io. GERASTO. Questo sappiamo bene; noi disiamo sapere voi chi sète. NARTICOFORO. E per questo vi dimandiamo: voi chi sète? PANURGO. Io son io, posso esser altro che io. Se tu sei me, io non posso esser io; e se io non son io, sarò un altro; e quello chi è o chi fu?

La miserella intra tutti costoro pareva dir: «Segnor, fammi vendetta di mio figliuol ch’è morto, ond’ io m’accoro»; ed elli a lei rispondere: «Or aspetta tanto ch’i’ torni»; e quella: «Segnor mio», come persona in cui dolor s’affretta, «se tu non torni?»; ed ei: «Chi fia dov’ io, la ti far