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Aggiornato: 21 giugno 2025


PROTODIDASCALO. Un altro li dará da ingurgitar vino, manderá giú quelle polente mileacee suffrixe che tu dici e vomiterá con quella ingluvie quanto saprá di voi. Ma come diresti latinamente i maccheroni? Ascolta: è una certa radicula detta «macheronium», che anticamente si commendava ne' panefici; però quelli pastilli farinacei si direbbono eleganter «macheronei».

PROTODIDASCALO. Che faresti se ti portassi bene, se con tanta fretta mi dimandi il male? Ma tu ancora ignori i tuoi guai: t'apporto nuovi guai. LAMPRIDIO. I miei guai son tanti che non se ne trovano piú per accrescerli. PROTODIDASCALO. Tuo padre è venuto. LAMPRIDIO. Giá lo sai? PROTODIDASCALO. Ti ricerca. LAMPRIDIO. Sai troppo. PROTODIDASCALO. E fra poco tempo tel troverai dinanzi.

LAMPRIDIO. O vita dell'anima mia, o somma allegrezza di questo cuore, ben serbi l'animo tuo generoso in ricordarti di chi promettesti d'amare! oh come uccidendomi m'hai risanato! MASTICA. Tu ridi adesso? o cervellaggine d'innamorati! PROTODIDASCALO. Ecco ristorate le prosternate passioni. LAMPRIDIO. Segui.

Ma stimi che s'alcun formoso la chieda in copula matrimoniale, per amor tuo voglia giacer frigida nel lecto? LAMPRIDIO. Protodidascalo, non far questa ingiuria al bello animo suo, ch'io nol comporterò.

PROTODIDASCALO. Pol, aedepol, mehercle, quidem, Lampridio, che al fin ti será molto amarulenta. Nota «aedepol» col diftongo. LAMPRIDIO. Pur la buona sorte ha voluto che ci venissi. PROTODIDASCALO. «O terque quaterque beatus» se non ci fosti venuto mai! LAMPRIDIO. E come desiosa farfalla corre intorno l'amato lume, cosí vo io ratto a pascermi gli occhi dell'amata luce del mio sole!...

FILASTORGO. Che figlio? io non ho figlio veruno: suo padre è morto venti anni sono in Turchia. PROTODIDASCALO. Lampridio inquam, quel vostro unigenito. FILASTORGO. lo non conosco Lampridio alcuno; quel che tu dici si chiama Eugenio vidde me Roma pur mai. PROTODIDASCALO. Vi bisogna reminiscere che gli sète padre. FILASTORGO. Egli ha un'altra madre a dispetto del padre e della vera madre sua.

PROTODIDASCALO. Non ti ha scritto Giulio che Olimpia non voleva che tu fussi venuto a Napoli? e non ci fu detto nel diversorio che Olimpia si maritava con un certo capitano famigerato? LAMPRIDIO. È bugia, nol credere. PROTODIDASCALO. Niuno crede a quel che gli dispiace.

PROTODIDASCALO. Ti allucini, figliuolo, perché «hostia» con «h», aspirazione, viene «ab hostibus», che è un animale che s'immolava dall'imperadore proficiscente alla guerra per impetrar da' celicoli vittoria contro gli osti, cioè nemici. Onde il sulmonese poeta: Hostibus a domitis hostia nomen habet. LALIO. Voi volete dir gli osti che stanno nelle taverne?

PROTODIDASCALO. Heus, olá, a chi dico io? LALIO. Se non lo sai tu a chi dici, tampoco lo so io. PROTODIDASCALO. «Tibi dico, Pamphile». LALIO. Parlate con me? PROTODIDASCALO. Optime quidem, bene. LALIO. Chi sète voi? PROTODIDASCALO. Ego sum Protodidascalo gimnasiarca, ludimagistro, restitutore e reintegrator del romano eloquio all'antica candiditate «fama super aethera notus».

O di casa, allegrezza allegrezza, mancia, buona nuova! LAMPRIDIO. Protodidascalo, tu stai di mala voglia. PROTODIDASCALO. Taedet me et misereor del caso dove sei per incidere. LAMPRIDIO. Se tu avesti pietá di me, me lo mostraresti in altro.

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