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Vole ch'io vada a chiamare un certo scolaro che vole che venga adesso. , ! È bello e venuto. PRUDENZIO. Adhuc sei , eh? Non odi, insolente famulo, no? MALFATTO. Oh! crepa, crepa, ché non te voglio respondere. PRUDENZIO. A chi parlo io? Olá! MALFATTO. , ! oh qua! PRUDENZIO. Malfatto, vòltate, che te volti el carnifice! O Malfatto! o poltrone! MALFATTO. Che volete?

LAMPRIDIO. Chi son questi che stanno dinanzi la porta nostra? MASTICA. Son poveretti che devono dimandare la elemosina. TEODOSIO. Olá, o di casa! MASTICA. Ché batti? vuoi tu spezzar questa porta? TEODOSIO. È forse tua madre, ché temi che sia battuta? MASTICA. Non ti morrai di fame tu per non essere importuno e prosontuoso. TEODOSIO. È importuno e prosontuoso chi batte le porte di casa sua?

GERASTO. Non entrarò io, se voi non entrate prima. PANURGO. Libenter faciam per obtruncar queste vostre cirimonie napolitane, di che intendo siate uberrimamente ripieni. GERASTO. Olá, o di casa, condurreti questi gentiluomini in queste stanze terrene. ESSANDRO. Padrone, questo è quel marito che volete dar a Cleria? GERASTO. .

GIACOCO. Olá, casa mia è deventata Cerriglio, o lo Cerriglio è deventato la casa mia; o io so diventato lo tavernaro dello Cerriglio, o lo tavernaro dello Cerriglio è deventato me. Chesta è cosa proprio da crepare e ridere; mai m'è accaduto cosa ntutto lo tiempo della vita mia commo chesta d'oie. PEDANTE. Lardone, che mastichi in bocca?

E una. TRAPPOLINO. Chi è ? Olá! MALFATTO. Amici. Simo io. TRAPPOLINO. El cancaro che te venga! Che vòi? MALFATTO. Ché non respondi tu, adesso? TRAPPOLINO. Respondi pur tu, ché parlo con teco. LUZIO. Che dici tu? Olá! MALFATTO. Che vòi che dica, o Luzio? LUZIO. Dilli quello che ti pare. Che me fa a me? TRAPPOLINO. Chi sei tu che hai bussato? MALFATTO. Sono un certo omo da bene.

Il conte di Rheingrafenstein diede fiato alla cornetta: Olá olá, su su, in piedi e in sella! Il Suo cavallo mise nitriti, e via d'un salto si slanciò innanzi. E dietro a lui precipitosa a fracasso tutta la salmeria; e un correre, uno squittire di cani squinzagliati su e giú per mezzo a biade e prunaie, per mezzo a ginestreti ed a stoppie.

Olá, para, piglia! paggi, staffieri: e quando sarai stracco? GULONE. Ecco, son stracco e ti lascio. TRASIMACO. Amico, son partiti? TRINCA. , bene. TRASIMACO. E non ci è rimasto alcuno? TRINCA. Niuno. TRASIMACO. Mirate, di grazia, con diligenza. TRINCA. Niuno: ché tante parole? TRASIMACO. E vi paion parole queste? son tutte bòtte e gagliardissime e di gran carico.

SAMIA. Ha uno spirito favellario. FESSENIO. Familiare, vuoi dir tu. SAMIA. Non so ben dir queste parole. Basta che ben saprò dirgli che venga a madonna. Fatti con Dio. Vedi, olá! non ne parlare. FESSENIO. Non dubitare. Addio. SAMIA serva, RUFFO negromante. SAMIA. Egli è ancor buon'ora che Ruffo non sará ancor tornato a desinare. Meglio è guardare se in piazza fusse. Ed oh! oh! oh! ventura!

DON RODORICO. Olá! ordinate che Leccardo sia libero. Ma mi par oggimai tempo che questi felici sposi e amanti dopo tanti travagli colgano il desiato frutto degli disperati loro amori. Entriamo. DON FLAMINIO. Ma ecco Panimbolo. PANIMBOLO. Padrone, che allegrezza è la vostra? DON FLAMINIO. È tanta che non basto dirla.

TRAPPOLINO. Tu devi avere cattivi vicini, neh vero? MALFATTO. , , sto qua vicino; e vorria parlare a colui che sta qua dentro. TRAPPOLINO. Chi è? come ha nome? MALFATTO. Non me ssi aricorda a me. O Luzio, come se chiama quello ch'io te dissi ch'io cercavo? LUZIO. E che ne so io? A me lo dimandi? Tu non hai buon cervello. MALFATTO. Dove sei andato? Olá! Tic.