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TRINCA. Il capitano ha detto tant'altre cose di te al padrone, che non si direbbero di un boia. GULONE. Che può dolersi di me il capitano? Che sia maledetta quella puttana che lo cacò! TRINCA. Che, andando tu in casa sua, ti fará dar cinquanta bastonate. GULONE. Vada in bordello egli e la sua razza! TRINCA. Il padrone ha giurato farti dar altre cinquanta bastonate.

GULONE. Trinca, è vero che ho detto che non posso aver peggio, quando le cose non son bene apparecchiate, ché il buon apparecchio è il quinto elemento della tavola; e che le robbe sieno assassinate dal cuoco, quando non vedo pasticcioni, quarti di vitelli intieri, teste di cinghiali, e posto a tavola ogni cosa intiera; non star sempre il salame a tavola morbido e succoso.

TRASIMACO. Se fussi indovino, non sarei venuto a questo termine: almeno fammi una grazia, fammi viver due ore sole. GULONE. Perché due ore? TRASIMACO. Che mi mangi quello apparecchio che avea fatto in casa per te; e, dopo mangiato, fammi morire, ché morrò contento. GULONE. Che apparecchio era il tuo?

GULONE. Ed è possibile che, come si tratta di ammogliarsi, vorrebbe ciascuno che le cose si trattassero a staffetta, e che volassero? Poveretti! non vedete che quanto piú presto la togliete, piú presto vi viene a fastidio, e vi pentirete? TRASIMACO. Sei molto pigro a trattare i negozi.

TRINCA. E tu, Gulone, ti vuoi uccider col capitano? GULONE. Volentieri. TRINCA. Orsú, fatela da valent'uomini, uccidetevi insieme. TRASIMACO. A me non conviene por la mia autoritá in bilancia con un par suo. O molto indegno della grandezza dell'animo mio!

TRASIMACO. A tradimento, ah? cosí se tratta con i pari miei, trattenermi su le parole e poi attraversarmi le braccia? Falla da gentiluomo. GULONE. Non fui mai gentiluomo: la farò da quel che sono. Ingenòcchiati, raccomanda l'anima a Dio. TRASIMACO. E che, mi vuoi ammazzare? GULONE. Tu sei indovino.

Non ho cuore di darle tal nuova: so che gridará, tramortirá, spiritará, diverrá forsennata. O Iddio, aiutaci tu, che puoi. TRASIMACO. Quanto piú desidero Gulone, men lo posso incontrare... Ma veggio il capitano con le sue solite e accessorie stravaganze. TRASIMACO.

TRINCA. Parlate basso, di grazia, che non fusse qui da presso, e vi sentisse. TRASIMACO. Sia maladetta quella maladettaccia sgualdrinaccia della fortuna, che mi fa udir questo. Ch'io parli basso? qual barba d'uomo mi basta a far paura? Vo' gridar che mi oda: vo' chiamarlo. O Gulone, Gulone, o furfantissimo Gulone! TRINCA. Egli ha poca voglia di far bene: verrá gonfio d'ira a far questioni.

Pardo vuol maritar Cleria col capitano, perché non gli dote; e Gulone parasito tratta le nozze. Proporremo voi a Pardo con la medesima condizione; e come che voi sète di maggior merito, stimo che l'otterremo. Poi diremo che Attilio vuol prender Sulpizia, perché il vecchio lo desia molto, e vuol che si sposino per la sera che viene.

Di' ad Erotico che venghi a trovarmi, e appuntiamo il tutto, ché, quando le persone sono d'accordo, è mal il differire, ché sempre si pone in mezo occasione di disturbi. TRINCA. Farò il tutto come m'imponete. GULONE parasito, solo. GULONE. Sempre ch'odo sputar filosofia da questi savioni, odo dir che la natura è stata a noi benignissima madre.