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Olá, para, piglia! paggi, staffieri: e quando sarai stracco? GULONE. Ecco, son stracco e ti lascio. TRASIMACO. Amico, son partiti? TRINCA. , bene. TRASIMACO. E non ci è rimasto alcuno? TRINCA. Niuno. TRASIMACO. Mirate, di grazia, con diligenza. TRINCA. Niuno: ché tante parole? TRASIMACO. E vi paion parole queste? son tutte bòtte e gagliardissime e di gran carico.

Or non potea farne un'altra all'uomo? accioché, trovandosi a mangiar ne' tinelli, dove per la fretta bisogna tranguggiare i bocconi senza masticargli, poi quando fussimo a casa, li potessimo ruminar di nuovo? Ha fatto al Gulone un budello largo e breve, che, quando è ben satollato, passando per mezo a dui arbori stretti, scarica il cibo da dietro, e poi torna a satollarsi di nuovo?

Bisognan pollastroni e galli d'India intieri intieri, ogni cosa a tavola alla tedesca, i catini pieni, e ogni un piglia quel che vuole. PARDO. Creanza de pari tuoi! dopo aver diluviato e tracannato a tuo modo, vai dicendo il contrario. GULONE. Minestre fredde e vin caldo, che bisognava tormi da tavola piú morto di fame, che quando ci venni.

TRASIMACO. Ti aspetto con la buona nuova. GULONE. Novissima buonissima. Or batto: toc, toc. TRINCA. Volpino, sali su quelle legna. TRINCA. Ti venghi a mente recar le corde. TRINCA. Non ti smenticar di cinquanta nespole acerbe. TRINCA. Gulone, che si fa? GULONE. Bene. TRINCA. Non è tua usanza. GULONE. Ti viene a visitar un tuo amico carissimo.

TRINCA. Essendosi informato del capitano, ha ritrovato tutto il contrario di quanto gli hai detto; e se avesse fatto il matrimonio sotto la tua parola, arebbe annegata la figlia. Hai torto ingannarlo cosí. GULONE. Come egli ha ingannato me, cosí ho ingannato lui. TRINCA. Non sai tu ch'egli sostiene quelle sue grandezze con l'ombra delle bugie e con falsa fama?

TRASIMACO. Nascesti col cervello a roverscio, però tutte le tue cose vanno al roverso: schivi le cose straordinarie e ti servi del snaturale. La forca che ti appicchi per la gola! GULONE. Appicchimi per dove vole, ma non per la gola: la vo' intiera e sana per me. TRASIMACO. Ma dimmi s'hai ragionato con Pardo. GULONE. , bene.

Tu mi fai inserpentire, inantropofagare, improcustire, inneronire: con un sgraffio ti sconquasserò tutto, ti sganghererò le mascelle e i denti, che non potrai piú mangiare. GULONE. Ed io quella lingua, che non potrai dir bugie. TRASIMACO. Ti sminuzzerò le braccia, che non ti potrai piú imboccare. GULONE. Ti romperò quella testa busa, priva di cervello, ché non vi nascano tanti grilli.

Non poteva la natura farmi una bestia come queste? darmi fame di lupo, bocca di rana, pancia di rospo, collo di grue, denti di cane, due lingue di serpe, stomaco di sturzo, che bevesse come cavallo, dormisse come ghiro e cacasse come una vacca? TRASIMACO capitano, GULONE.

TRINCA. Io non vo' amici carissimi, ma di buon prezzo, ché ho pochi dinari. Che sei venuto a far a quest'ora? GULONE. E tu non sai l'usanza mia? TRINCA. Non mi ricordo. GULONE. M'è venuta una disgrazia, la maggior che mi possa venire. TRINCA. Dimmela, se non è cosa di stato. GULONE. Mi muoio della maladetta fame: io son venuto a sguazzare col tuo padrone.

GULONE. Io non ho amici altro che il principe della Trippalda, che è il maggior amico che abbi: la trippa vacua è il maggior nemico. TRASIMACO. Ed è possibil che tu non vogli ragionar se non di mangiare? GULONE. E tu di donne e di amori?