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Ma tacque un poco, aspettando il pentimento. Cristina non respirava più. Dimmela, balbettò con un fil di voce. Gli ho chiesto... te... in isposa... ed egli mi ha risposto: no. Cattivo babbo! scappò detto alla creatura ingenua; e diè in un pianto dirotto. Giusto, a cui da poco in qua sembrava di sognare, a questo punto del suo sogno si svegliò in paradiso.

Giusto ne convenne pienamente con un cenno del capo, ma non rispose sillaba. Dimmi una parola che mi accontenti, e Cristina è tua; se non vuoi dirla per me, dimmela per lei; ora la felicit

TRINCA. Io non vo' amici carissimi, ma di buon prezzo, ché ho pochi dinari. Che sei venuto a far a quest'ora? GULONE. E tu non sai l'usanza mia? TRINCA. Non mi ricordo. GULONE. M'è venuta una disgrazia, la maggior che mi possa venire. TRINCA. Dimmela, se non è cosa di stato. GULONE. Mi muoio della maladetta fame: io son venuto a sguazzare col tuo padrone.

EROTICO. O carissima balia! La fortuna muterá tenore, essendomi incontrato con la tesoriera de' nostri amorosi secreti, con l'aurora del mio sole. Che novella m'apporti della mia dolcissima Sulpizia? BALIA. Cattiva, la peggior che sia. EROTICO. Dimmela, non piú tardare. BALIA. Mi dispiace di darvela. EROTICO. Non dovevi cominciare, se non volevi darmela. BALIA. Sulpizia è maritata.

Dimmela questa tua famosissima idea. Sappi dunque che tra la Giulia Dal Bono e io siamo quasi riuscite a persuadere il signor Benedetto che il miglior modo in cui egli possa sposar Lucilla è quello di cercarsi un genero che venga a stargli in casa, che assuma l'amministrazione de' suoi beni e che, invece di costringerlo a tirar fuori dal suo scrigno la dote, si contenti di riscuoterne ogni anno l'interesse, più un congruo stipendio....