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Sott'esso giovanetti triunfaro Scipione e Pompeo; e a quel colle sotto 'l qual tu nascesti parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che fe' da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano e` pieno.

Ma insomma non sei contenta, ora, d’esser qui, di ritrovarti nella vecchia Guinigia tornata ai Guinigi, di non saper più in mano d’estranei la casa dove nascesti, dove t’è morto il tuo padre, e di rivivere qui tutti i tuoi ricordi, i nostri ricordi anche? Mortella.

Sott’ esso giovanetti trïunfaro Scipïone e Pompeo; e a quel colle sotto ’l qual tu nascesti parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto ’l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano è pieno.

<<Questa gente che preme a noi e` molta, e vegnonti a pregar>>, disse 'l poeta: <<pero` pur va, e in andando ascolta>>. <<O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti>>, venian gridando, <<un poco il passo queta. Guarda s'alcun di noi unqua vedesti, si` che di lui di la` novella porti: deh, perche' vai? deh, perche' non t'arresti?

Se in alcuna tua carta eco facesti D'animi non cristiani alla favella; Se di soverchio duol semi funesti Sparsi hai ne' cuor che passïon flagella; Se del secolo errante in cui nascesti, Bench'alta, l'alma tua rimase ancella, Opra fu di fralezza e di prestigio, Non mai di petto a mire inique ligio.

Ei della vita tua la miglior parte Avido succhia, e il fuoco di tue vene; E quel vampiro è l’Arte. Nelle tue veglie solitarie, oh, quante, Quante volte esso venne al tuo guanciale, Famelico e guatante!... Tu d’Apollo nascesti al vieto regno; Ma in questo secol bottegaio e tristo È un delitto l’ingegno. Su, denuda nel verso prepotente Le vive piaghe del tuo cor; sul viso Ti rider

Sott'esso giovanetti triunfaro Scipione e Pompeo; e a quel colle sotto 'l qual tu nascesti parve amaro. Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle. E quel che fe' da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna e ogne valle onde Rodano e` pieno.

«O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti», venian gridando, «un poco il passo queta. Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, che di lui di l

<<Questa gente che preme a noi e` molta, e vegnonti a pregar>>, disse 'l poeta: <<pero` pur va, e in andando ascolta>>. <<O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti>>, venian gridando, <<un poco il passo queta. Guarda s'alcun di noi unqua vedesti, si` che di lui di la` novella porti: deh, perche' vai? deh, perche' non t'arresti?

«Questa gente che preme a noi è molta, e vegnonti a pregar», disse ’l poeta: «però pur va, e in andando ascolta». «O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti», venian gridando, «un poco il passo queta. Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, che di lui di l