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Parean venuti dal mar della rena, come vengon le mummie agli speziali; avevano in su' fianchi e in sulla schiena piaghe d'un palmo, e sulle gambe mali che non gli avrebbe guariti a gran pena Galieno od Ippocrate o que' tali, non che alcun maniscalco co' suoi bagni, setoni, empiastri o rimedi compagni.

Inferno · Canto XXVIII Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno ch’i’ ora vidi, per narrar più volte? Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente c’hanno a tanto comprender poco seno. S’el s’aunasse ancor tutta la gente che gi

Tu le piaghe a saldar, come è dovuto, Ritorna, e del morir lascia il pensiero; Pensa a l'acquisto del vigor perduto Per farti poi de la vittoria altiero. E gi

Il tuo povero marito vive sempre tra le piaghe e i dolori; lascia il letto d'un agonizzante per medicare un cancro; può puzzare di iodorformio o di acido fenico, e tu involontariamente a tavola puoi pensare, che la mano che ti pela un frutto è la stessa, che un'ora innanzi ha razzolato nelle viscere d'un cadavere o ha operato un tumore.

Il poeta Veneto Buttura diceva da Venezia a Napoleone: Sull'indegne mio piaghe affisa il ciglio, Vien, vinci, abbatti i coronati mostri; E rendi a te la gloria, a me la vita. Son note le basse adulazioni del Cesarotti, autore della Pronea, che parlava in versi a Napoleone, dicendo: Parlo in prosa ai mortali, in versi ai Numi.

Guai all'uomo che non ha fratello tra i poveri! Quando il poeta, il filosofo, il politico, condotti dalla giustizia e dalla ragione, non rifiuteranno la mano dell'ultimo degli uomini; quando, invece di porre il dito nelle più sozze piaghe dell'umanit

Ad esso venivano i cristiani, laceri di piaghe, corrosi dai cancri, gonfi di oscene idropisie, gi

Egli il disarma; ella tremante e lassa Porge la mano all'opere compagna. Mira e tratta le piaghe; e di ferute Giudice esperta, spera indi salute

Non sveliamo i dolor, l'ire, le piaghe, Davanti al volgo indifferente, o lieto Del duolo nostro, ignaro del segreto. Oh nol cantiamo! Chè noi siam gli eletti, I soli accolti alle lucenti plaghe. Soli sediamo ai magici banchetti E soli entriamo per le argentee porte; Per noi le antiche dee sono risorte, Tutto miriamo sotto arcani aspetti, Cantiam la vita e scrutiamo la morte.

Ecco la privata: «Signore. Una volta ci fu dolce salutarci amici: almeno a me di certo; fortuna poi volle, che cessassimo esserlo, pure io stimo che tanto anco possa su voi, signore, la memoria dello antico affetto da non rivolgervi invano una preghiera, la quale è questa: non insistete, di grazia, a farmi accettare cosa, che mi contrista, e m'inacerbisce le piaghe, che qualche volta mi danno tregua.