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A corte del papa, ebbe Carlo dall'arcivescovo di Morreale l'annunzio della siciliana strage; che il colpì di presentimento di ruina, e nascere in quel superbissimo animo, prima dell'ira stessa, una disperata rassegnazione; ond'ei si volse tutto umile al cielo, e udito pregare: «Sire Iddio! dappoi t'è piaciuto farmi avversa la mia fortuna, piacciati che il mio calare sia a petitti passiSopraccorse ansando a Napoli; e trovate le nuove del progredimento della ribellione, diessi a furor bestiale, senza serbar contegno alcuno di re. A gran passo misurava le stanze; forsennato, muto, torvo agli sguardi, rodendo un bastone come cane in rabbia; finchè prese a sfogarsi in parole: andrebbe, , gli parea mill'anni, andrebbe in Sicilia a schiantar citt

CHIARETTA. Va' e fa' altre arti, ché di caccia di donne tu non te n'intendi. MARTEBELLONIO. Troppo gran bocca avevi tu aperta, che aresti ingiottito il cane e il padrone intiero intiero. CHIARETTA. Non bisognava altrimenti, avendo a combatter con can debole di schiena.

Il cameriere mi serviva da cena nell'angolo d'una stanza, quando vidi il cane nella sala vicina, inquieto ed ansante, che andava fiutando la terra percorrendo il cammino che io aveva percorso.

Ma il cane era dietro a lui, lambendogli le gambe, ma il cane avrebbe latrato vedendolo cadere nel fiume, ma il cane si sarebbe forse buttato nel fiume per salvarlo, ma il cane non voleva che egli morisse, ecco l'idea terribile sorta nello sconvolto cervello di Julian Sorel.

E seguitavano innanzi con questi encomj finchè dandoci alle furie, gl'interrompevano certe vociaccie sgangherate e risolute: Ah cane! ah demonio! Così becca via un per uno i nostri bravi signori! Che razza di citt

Alcuni vogliono dire lui averlo intitolato tutto a messer Cane della Scala; ma, quale si sia di queste due la veritá, niuna cosa altra n'abbiamo che solamente il volontario ragionare di diversi; egli è gran fatto che solenne investigazione ne bisogni.

Son forse un cane, da pigliarmi a pedate? Non voglio andare più oltre; voglio parlare a quell'uomo delle bombarde. Quell'uomo! sclamò il Tanaglino, mentre raddoppiava la dose, Messer Anselmo Campora, il capo dei bombardieri della repubblica, tu lo chiami quell'uomo? Sicuro! rispose il prigioniero, cansandosi. Lo chiamavo quell'uomo; ma ora che tu m'hai detto il suo nome, lo chiamerò come va.

Quelli non badano e continuano la loro strada, non sospettando di aver il cane proprio alle calcagna colla bocca aperta, la lingua fuori, tanto che poco mancò che afferrasse la gamba di Alberto.

Nancy riferì ad Aldo la storia del viatico, ed egli, con un'aria di cane bastonato, disse che lo andrebbe a domandare. Quanto credi che ti daranno? disse Nancy. Non so, disse Aldo, che si sentiva in obbligo di essere cupo e taciturno. Due o tre mila franchi? chiese Nancy. Probabilmente, disse Aldo. Non accetterai nulla da quella donna? Me lo giuri?

Fu messo in una gabbia di ferro della quale mordeva le spranghe, e qui stette come un cane idrofobo per una settimana in preda a convulsioni tremende. Impossibile fare il ritratto di quest'infelice; più non era un uomo, aveva l'aspetto d'una belva arrabbiata, l'espressione di Lucifero. Infine, dopo sette giorni in preda ad una tremenda ed atroce convulsione, spirò. Fu una scena orribile.