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GUGLIELMO. Sian benedetti i cieli che mi vi tolsero dinanzi, ché mi avevano stracco con non so che vignarolo o che argento! Tic toc. ARTEMISIA. Chi batte, olá? GUGLIELMO. O Artemisia, figlia cara, aprimi, che sii tu benedetta! ARTEMISIA. «Figlia cara», dice il furfante: ah, ah, ah! GUGLIELMO. Non conosci il tuo padre Guglielmo? ARTEMISIA. Chi Guglielmo? GUGLIELMO. Chi Guglielmo? tuo padre.

CAPITANO. Chi passa, olá, scostisi lungi, ché non s'infilzi in questo spadone da se stesso! ERASTO. Capitano, sète venuto a tempo per attendervi la promessa.

Olá, compagni! addosso addosso, dálli dálli! To to, qui qui, ciuee ciuee ciuee! E ciascuno de' cani s'avventò aizzato sul primo oggetto che gli si parò innanzi. Insanguinato cadde a terra il mandriano, insanguinate caddero l'una dopo l'altra le vacche. A stento la belva si sottrae a quel macello, con sempre minor lena di corso.

DULONE. Oh che ventura, capitano, ecco Cintio, quel che tu tanto desideravi! Vorrebbe passare innanzi e non può per esser visto da voi. CAPITANO. Cintio è costui? Cintio? Per vita di Marte, altri che lui non desiava: non mi posso piú tenere che non mi lassi correre! Olá, chi sei? passa alla larga: non s'incontri meco chi vuol pace!

RITA. Adesso che ti vego. Che dici tu? MALFATTO. Dico: perché bussi all'uscio mio? RITA. Io credo che tu ti sogni, pecorone! MALFATTO. Alla , che me credevo che fosse lui. Orsú! Basta. RITA. Dimmi un poco, olá! Me sai dire se e' cci sono costoro? MALFATTO. Non ce sta nessuno che se chiami Costoro in quella casa. RITA. Dico se c'è la patrona. MALFATTO. Se non si è partita, io credo de , io.

CAPITANO. Bestie indiscrete, fatevi adietro, ché quelli han fatto bene a morire perché sono usciti d'impaccio; ma voi ponetevi i stivali, pigliate i cavalli da posta per andar all'altro mondo! Olá olá, fermatevi! ERASTO. Non è niuno, non dubitate.

La piazza è spaziosa oltremisura, ma ognun fra que' sedili vuol ficcarse. S'uno era spinto fuor della fissura, sforza la calca, perch'ivi vuol starse. Se inavvedutamente uno uscía fuore, gridava: Oh ve', son fuor? con gran stupore. Spesso s'udia gridare: Omè, il mio callo un m'ha piggiato, o Dio, veggo le stelle. Un altro dire: Olá, sei tu un cavallo? M'hai dato d'urto e rotte le mascelle.

, per Dio! vo' proseguirla, voglio sbramarmi. E sia pure a dispetto di te, o scimunito, e a dispetto di Dio. Egli mena vibrata la frusta, fiato alla cornetta. Olá, compagni, addosso addosso! dálli dálli! Oh Dio! Ecco in un tratto spariscono innanzi a lui ed eremita e cappelletta; spariscono dietro a lui e cavalli e pedoni.

TRAPPOLINO. Che compagno? che compagno? gaglioffo che tu sei! MALFATTO. Olá! Parla con voi, vedete. CURZIO. Ché non vieni aprire, sciagurato? TRAPPOLINO. Oh patrone! Perdonateme; adesso vengo. MALFATTO. Sta con voi quello che dite? CURZIO. che sta con meco. Perché? MALFATTO. E con chi dorme? con voi? CURZIO. Non. Dorme con un altro compagno. MALFATTO. Io dormo molto ben con lo mastro.

Olá, date la strada se non volete andar per fil di spada! PANIMBOLO. Se non taci, poltronaccio, andrai per fil di bastone! DON IGNAZIO. Chi è costui? SIMBOLO. Quel capitan vantatore. O signori don Flaminio e don Ignazio, son il capitan Martebellonio! E dove cosí di notte senza la mia compagnia? ché è meglio aver me solo che una compagnia d'uomini d'arme. DON FLAMINIO. E tu dove vai? a donne ah?