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TRAPPOLINO. Che compagno? che compagno? gaglioffo che tu sei! MALFATTO. Olá! Parla con voi, vedete. CURZIO. Ché non vieni aprire, sciagurato? TRAPPOLINO. Oh patrone! Perdonateme; adesso vengo. MALFATTO. Sta con voi quello che dite? CURZIO. che sta con meco. Perché? MALFATTO. E con chi dorme? con voi? CURZIO. Non. Dorme con un altro compagno. MALFATTO. Io dormo molto ben con lo mastro.

Tu menti, replicò il principe. Vuoi che io ti dica perchè sei qui? Avrei piacere di saperlo, disse Giano. Prima di tutto, tu aspetti una persona. Questo è vero. Avanti. Questa persona è un giovane chiamato Curzio, un settario, uno dei capi della rivoluzione. Questo poi! fece Giano con una smorfia. Non sono capace!

CURZIO. Se nol vòi dire, statti. MALFATTO. Che non te lo indovini de un quatrino. Me chiamo Malfatto, veh! CURZIO. So che non ti mentisce el nome. Ma dimmi un po': de chi è innamorato el tuo maestro? MALFATTO. D'una moglie. CURZIO. Che halla presa per moglie, forsi? MALFATTO. No, madonna, no. È che lui la vorria pigliar esso per moglie e vorria ch'essa stessi con lui e io con esso.

Curzio e Tognetti si caricarono di quanti fucili poterono portare, ed uscirono. Monti rimase solo.

Curzio teneva al dito un anello, dal quale non si era mai diviso, perchè era un ricordo della principessa, e Giano lo sapeva, perchè una volta egli stesso aveva recato quel dono. Egli pensò dunque di portare al principe quel contrassegno.

E Curzio, ch'era esso infatti, così riprese il suo dire: Io non dovrei rispondere colle parole. Tra poco Roma risponder

RUFINO. State a udire. PRUDENZIO. ... sia da bene, savia e morigerosa e che la Spettabilitá Sua non cogitet ch'un paro nostro, disciplinato nelle liberale arti, incumba a simile vanitá: quia «vanitas vanitatum et omnia vanitas»; ché sapete bene che, nocturno tempore, vanno li vespertilioni. CURZIO. Ve possino venire a voi queste biasteme! MALFATTO. Ámenne. El cancaro ancora!

Quando la principessa gli fece comprendere quale vincolo misterioso passasse fra lui e il prigioniero Curzio, quell'uomo crudele, dal cuore incallito nella ferocia spietata, provò qualche cosa d'incognito, di nuovo che si agitava dentro di lui, e si sentì spinto a volere la salvezza di quel giovane, ad amarlo!

Vi priego che non l'aviate per male, ché l'amore ch'io vi porto mel fa dire e la pace ch'io vorrei vedere in casa vostra. CURZIO. Credolo. Ma vattene innanzi e fa' oprire. RUFINO. Signor . CURZIO. Certo, gran sorte è stata la mia a trovar, in tanto bisogno, questi denari. RUFINO. Tic, tic. Costui deve essere in cantina. CURZIO. Non ci deve essere in casa, neh vero? RUFINO. Io non vel so dire.

Quinto Curzio e gli storici del vincitore di Babilonia, affermano che perfino Alessandro il Grande fu spaventato dal libertinaggio della grande citt