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Duffy afferrò il condannato e lo gettò sul letto. Gli altri due uomini lo presero per le gambe e lo tennero fermo. Cornetta si dibatteva urlando. Duffy lo frugò, trovò la lettera e ce la porse.

E per cinque giorni non si cibò e invano i custodi lo tentarono presentandogli dei piatti appetitosi. Lo si dovette nutrir per forza. Man mano che si avvicinava il giorno fatale, la ragione di Cornetta vacillava. Il condannato ora piangeva e implorava le guardie di salvarlo, ora rideva e diceva che dovevano metterlo in libert

Come sarebbe a dire? proferì, dopo una lunga pausa, mentre il suono soffocato della cornetta e il fischio della locomotiva annunziavano la ripresa della corsa. Dico che la nostra unione non è indissolubile. Non siete maritati? L'ambiguo sorriso tornò ad incresparle l'angolo della bocca. Siamo maritati. Allora?

Ho in consegna quest'uomo, ne sono responsabile e devo vedere quella lettera appunto perchè la cela. Invitato reiteratamente a porgerla, Cornetta rifiutò. Allora il Duffy, pezzo d'uomo grande e robusto, chiamò due suoi dipendenti, aprì la porta ed entrò nella cella. Volete dare quella lettera, o no? chiese per l'ultima volta. No fece Cornetta risolutamente.

Davanti alla cella stavano seduti due uomini, le guardie della morte. Il padre Giulio, un prete cattolico, ci raccontava che quel giorno aveva parlato due ore con Cornetta, ma non era riuscito a convincerlo che all'indomani doveva morire. Il condannato s'era fitto in mente che invece del 10 quel giorno era l'11 maggio e affermava che doveva essere messo in libert

E poichè il maestro, ritto in mezzo al circolo formato dalla sua banda nell'ampio cortile, attaccò sulla cornetta, ch'egli dirigendo suonava, una di quelle polche gioconde, che formano la delizia delle sagre paesane, si videro presto unirsi le coppie e principiare il ballo, animatissimo, caratteristico, colla calada, in cui i contadini del Friuli mettono una passione ed una grazia straordinaria.

Infatti Cornetta aveva la fissazione che oggi doveva essere liberato. Ma dovreste considerare che pazzo significa malato moralmente. Se un condannato, supponiamo, alla vigilia dell'esecuzione, fosse malato fisicamente, avesse il tifo o qualche cosa di simile che gli impedisse di alzarsi dal letto, lo si impiccherebbe?

Cornetta, livido, esausto, guardò, sentì, singhiozzò e gemette: nelle confuse parole che gli uscivano dalla gola c'era insieme come il pianto di un bambino, l'angoscia di uno che trema e ha paura, la rabbia di chi vorrebbe resistere ed è impotente. Appena gli fu messo il laccio al collo vi fu un istante in cui stette immobile fissando il boia e gli astanti.

Era una lettera ancora chiusa, proveniente da New-York. L'aprimmo. Un amico scriveva a Cornetta che aveva saputo la sua condanna e che gli dispiaceva di non poterlo andar a salutare per la difficolt

I cinque uomini gli si gettarono simultaneamente addosso: due gli afferrarono le braccia, due le gambe, e il quinto, il boia, s'accingeva a legargli i gomiti insieme dietro la schiena; ma il condannato gridava, si torceva come un serpente e tentava di mordere come un cane idrofobo. Altri cinque uomini dovettero intervenire e Cornetta fu legato da dieci persone.