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Oh Diu Diu... Maria, zia... zia mia... mi sentu 'na cosa... mi manca... mi manca l'aria... Diu... Diu.... Ragiuni aviti! Chi ti senti, figghia? chi ti senti? Riceverete persone! Di cui? di vui? Vi, vih, cori miu! Cci ficiru pigghiari un surtu, 'sti scialarati! Mittitici nomu e cugnomu, pirchì, si mi siddiu iu, toccu famigghi! Idda ca è accussì suscettibili! Un pocu d'acitu! Brasi, curri!

MALFATTO. Ché non pigliate quella spada e correteli dereto? ch'io ve cci voglio lassar andare. LUZIO. Se nne è andato. Non ce è, no, mastro. PRUDENZIO. Non si curi! So bene che non ospitará piú in casa nostra. MALFATTO. Meglio andamo a dormire, ché se cce passará questa stizza. PRUDENZIO. Non me romper la testa. MALFATTO. Che so io? Lo dico perché potrete cantare ancora domani a sera.

Ceca mia, quando me vòi far far un figliolo? CECA. Taci, balordo! E dove trovi tu che gli omini faccino figlioli? MALFATTO. O fallo tu, adunque; e io te cci voglio aiutare. CECA. Ne arei ben voglia. MALFATTO. Che dici? Non sei contenta, Ceca mia bella? CECA. , . Dimme un po': el tuo patrone compone piú versi? MALFATTO. . È andato verso qua giú. Poco stará a tornare.

Cca si cci divi fari nèsciri 'u maraùni! Stannu a cantari.... pirchì, si non cci vidu chiaru.... (va per la sinistra chiamando) Giuf

Tic, tac, toc. CECA. L'è la festa del pichiare, questa. Tu non lo credi, eh? MALFATTO. E che hai paura? che spezzi l'uscio? la porta? CECA. Aspetta, aspetta el bastone. MALFATTO. Eh! non far. Odi, odi. Oh Ceca! CECA. Che vòi? MALFATTO. Eh! non fare, de grazia, ché lo mastro me cci ha mandato. CECA. Malan che Dio te dia, a te e a lui! MALFATTO. Ascolta un poco. Oh madonna quella!

RITA. Adesso che ti vego. Che dici tu? MALFATTO. Dico: perché bussi all'uscio mio? RITA. Io credo che tu ti sogni, pecorone! MALFATTO. Alla , che me credevo che fosse lui. Orsú! Basta. RITA. Dimmi un poco, olá! Me sai dire se e' cci sono costoro? MALFATTO. Non ce sta nessuno che se chiami Costoro in quella casa. RITA. Dico se c'è la patrona. MALFATTO. Se non si è partita, io credo de , io.

A quelli ch'io te dissi. MALFATTO. Non me avete ditto niente, ch'io me ricordi. PRUDENZIO. Come! Non te dissi che tu andassi dietro a quelli che ti avevano dati quelli nummi? MALFATTO. Io non so che vi vogliate dire. PRUDENZIO. Ah furcifer! demente! stolido! MALFATTO. Aspettate, ché me cci voglio un po' pensare.

CURZIO. Un'altra volta, poi; non adesso. MALFATTO. Ed io me ne voglio andare. CURZIO. Odi; ascolta. Non ti partire. MALFATTO. ; ma prestame tre quatrini. CURZIO. Son contento. Vieni con me, ch'io te lli voglio dare. MALFATTO. E dove volete ch'io venga? CURZIO. A casa mia. MALFATTO. Fit! mahu! cagna! Non me cci coglierete, no. CURZIO. E perché? di chi hai paura? MALFATTO. E che?

Don Iacu, cca, parrò chiaru.... Cunveni a iddu, cunveni a mia.... Tutti santi e biniritti, chi cc'entra! Matrimonii e viscuvati, su' di 'ncelu distinati!.... Vah, quantu vaiu pi 'ssa casa.... A nomu miu 'a pigghiu, cucinu, semu 'ntisi, 'na vota ca vui cci avistivu 'sta quistioni.... Quistioni? E cu cui, scusassi? Ah, nenti.... cu D. Saru Pulvirenti.... 'u patruni d' 'a casa.... Cca cci sugnu iu!

Sintiti, 'u paraguni forse calza pi vui, ma pi mia, no! Pirchì o' bestiami cci putiti apparteniri vui sulu. (trattenendolo, mentre Brasi trattiene D. Liddu, forte) Per carit