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Aggiornato: 26 maggio 2025
PRUDENZIO. Extemplo; illico; che venghi statim. MALFATTO. Messer non. Non sono stato in nessun loco. PRUDENZIO. Malan che Dio ti dia! Certe tu es insanus. MALFATTO. Misser sí che son sano. Sonno le scarpe che sonno rotte. Ecole: vedete. PRUDENZIO. Che sí che, s'io torno in scola, te darò una spogliatura! MALFATTO. Ed io me ne andarò a letto, se me spogliarete.
GHERARDO. Io ho il malan che Dio ti dia. Che febbre! Io mi sento pur bene. SPELA. Dico che voi avete la febbre: lo conosco ben io, certo; e grande. GHERARDO. So ch'io mi sento bene. SPELA. Duolvi il capo? GHERARDO. No. SPELA. Lasciatemivi toccare un poco il polso. Duolvi lo stomaco o pur sentite qualche fumo andare al cervello? GHERARDO. Tu mi pari una bestia. Vuo' mi far Calandrino, forse?
A ingannare il mio signore, che non sta però bene. ISABELLA. Il malan che Dio gli dia! CRIVELLO. Vatti po' fida di bagasce! Ben gli sta. Non è maraveglia che 'l fegatello confortava il padrone a lasciar questo amore. SCATIZZA. Ogni gallina ruspa a sé. In fine, tutte le donne son fatte a un modo. LELIA. L'ora è giá tarda ed io ho da trovare il padrone. Rimanete in pace. ISABELLA. Udite.
GHERARDO. Oh! Tu hai fatto ben quel ch'io ti dissi! Ho cosí voglia di romperti l'ossa. PASQUELLA. Perché? GHERARDO. Perché hai lasciato partir Lelia? Non ti diss'io che tu non gli aprisse? PASQUELLA. Quando partí? non è ella in camera? GHERARDO. È il malan che Dio ti dia. PASQUELLA. So che la v'è, io. GHERARDO. So che la non v'è; ché l'ho lasciata in casa di Clemenzia sua balia.
CHIARETTA. Il malan che Dio ti dia! non vòi altro di questo? LECCARDO. E che pensavi? qualche cosa trista? CHIARETTA. Che vuoi farne? LECCARDO. Vestirla a te. E alcuna di quelle cose che l'ha mandato don Ignazio, o di quelle che portò quel giorno della festa; ché s'ella si vuole sposar dimani, noi ci sposaremo questa notte. Tu sarai Carizia, io don Ignazio. CHIARETTA. Tu mi burli.
Tic, tac, toc. CECA. L'è la festa del pichiare, questa. Tu non lo credi, eh? MALFATTO. E che hai paura? che spezzi l'uscio? la porta? CECA. Aspetta, aspetta el bastone. MALFATTO. Eh! non far. Odi, odi. Oh Ceca! CECA. Che vòi? MALFATTO. Eh! non fare, de grazia, ché lo mastro me cci ha mandato. CECA. Malan che Dio te dia, a te e a lui! MALFATTO. Ascolta un poco. Oh madonna quella!
Va' e ripichia un'altra volta; e, se non risponde, gitta giú la porta, ch'io voglio entrare per ogni modo. RUFINO. Cosí farò. Tic, tac, toc. TRAPPOLINO. Chi è lá? chi è lá? chi è lá? RUFINO. Malan che Dio ti dia! TRAPPOLINO. Te dia el malanno e la mala pasqua a te. Oh patrone! Perdonateme. CURZIO. Non ti curar, forca! Vieni, vieni a oprire. TRAPPOLINO. Adesso.
Ti chiuderò ivi dentro e non ti farò uscir se non arai divorato e digesto il tutto; sederai sempre a tavola mia con maestá cesarea e ti saranno posti innanzi piatti di maccheroni di polpe di capponi, d'un pasto l'uno, sempre bocconi da svogliati. LECCARDO. Panimbolo, che mi consigliaresti per non esser appiccato? PANIMBOLO. Farti tagliar il collo prima. LECCARDO. Il malan che Dio ti dia!
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