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Aggiornato: 4 maggio 2025
CRIVELLO. Oimè! oimè! O seccareccio, altrettanto a me. SCATIZZA. Non ti diss'io che la baciarebbe? CRIVELLO. Or ben ti dico ch'io non vorrei aver guadagnato cento scudi e non aver veduto questo bacio. SCATIZZA. Il veggio. Cosí fusse tócco a me! CRIVELLO. Oh! Che fará il padrone, come egli 'l sappia? SCATIZZA. Oh diavol! Non si vòl dirglielo. ISABELLA. Perdonatemi.
Non sète voi il maestro di suo figliuolo, che veniste a l'ostaria con noi? PEDANTE. Sí, sono. GHERARDO. Entrate. PEDANTE. Sopra la fede vostra? GHERARDO. Oh sí! VIRGINIO, STRAGUALCIA, SCATIZZA, GHERARDO e PEDANTE. VIRGINIO. Venite con me quanti voi sète. Stragualcia, vien tu ancora. STRAGUALCIA. Con l'arme o senza? Io non ho arme. VIRGINIO. Tolle costí, in casa dell'oste, qualche arme.
Parti ch'ella sia carne da' suo' denti? SPELA. Ella ha ragione, in fine; ma che dice? SCATIZZA. Niente non dice. Che vuoi ch'ella dica, quando io non l'ho potuta vedere? ché, come io gionsi lá, e domanda' la, quelle sgherracce di quelle monache volevan la pastura di me. SPELA. Altro volevan che la pastura! Piú presto il pastorale. Tu non le conosci bene.
ISABELLA. Ècci nissun costí fuora? LELIA. Non si vede anima nata. CRIVELLO. Che diavol vòl colei? SCATIZZA. Questa dimestichezza è troppa. CRIVELLO. Sta' a vedere. ISABELLA. Udite una parola. CRIVELLO. Costor s'accostan molto. SCATIZZA. Che sí! che sí! ISABELLA. Sapete? Vorrei... LELIA. Che vorreste? ISABELLA. Vorrei... Accostatevi. SCATIZZA. Accostati, salvaticaccio!
CRIVELLO. Or hai inteso; e, se tu vuoi venire, mi basta l'animo di trovarne una per te ancora. SCATIZZA. Fa' un poco di pratica, ch'io ti prometto che, se tu trovi qualche fantesca che mi piaccia, che noi ci daremo il piú bel tempo del mondo.
Per buon rispetto. LELIA. Orsú, Isabella! Non vi dimenticate di quanto m'avete promesso. ISABELLA. E voi non vi dimenticate di venirmi a vedere. Ascoltate una parola. CRIVELLO. S'io fusse in questa fregágnuola, so che 'l padrone mi perdonarebbe! SCATIZZA. Mangiaresti i polli per te, eh? CRIVELLO. Che ne credi? LELIA. Or volete altro? ISABELLA. Udite un poco. LELIA. Eccomi.
Non te scordar della promessa. PASQUELLA. Né tu di portar la corona. FLAMMINIO, CRIVELLO suo servo e SCATIZZA servo di Virginio. FLAMMINIO. Tu non sei ito a veder se tu vedi Fabio; ed egli non viene. Non so che mi dire di questa sua tardanza. CRIVELLO. Io andavo; e voi mi richiamaste indietro. Che colpa è la mia?
CRIVELLO. Ohi! e due! Che ti si secchi, che ti faccia il mal pro! SCATIZZA. Al corpo di Dio, che m'è infiata una gamba che par che la voglia recere. LELIA. Serrate. Addio. ISABELLA. Mi vi dono. LELIA. Son vostro. Io ho, da un canto, la piú bella pastura del mondo di costei che si crede pur ch'io sia maschio; dall'altro, vorrei uscir di questa briga e non so come mi fare.
Comincia' gli a dire, acciò che egli mel credesse, di questo suo amorazzo: e fu per crepar di ridere con certi gioveni che eran lí; e voleva pur ch'io gli portasse un bossol d'assafetida; tal che, cosí dileggiato, me ne partii. Or, se 'l padrone il vuole, diemi piú quattrini. CRIVELLO, SCATIZZA, LELIA da ragazzo e ISABELLA.
Caso non mi creda, fa' che non mi facci parer bugiardo. SCATIZZA. Io non ti posso mancare. Ma, facendo a mio modo, te ne starai queto e arai sempre questo calcio in gola a Fabio per poterlo far fare a tuo modo. CRIVELLO. Dico ch'io gli vo' male, ché m'ha rovinato. SCATIZZA. Governatene come ti piace. FLAMMINIO e LELIA da ragazzo.
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