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Un , vennegli all'orecchio il canto lontano e malinconico d'un altro prigioniere; non potè distinguerne le parole; ma, ingannato, credè di conoscere la voce di Giovanni, del suo compagno in quella trista scampagnata del san Cristoforo. Pensando che anche quel povero Giovanni avesse perduto, per cagion sua, e chi sa per quanto tempo, pane e libert

O Saul, come in su la propria spada quivi parevi morto in Gelboe`, che poi non senti` pioggia ne' rugiada! O folle Aragne, si` vedea io te gia` mezza ragna, trista in su li stracci de l'opera che mal per te si fe'. O Roboam, gia` non par che minacci quivi 'l tuo segno; ma pien di spavento nel porta un carro, sanza ch'altri il cacci.

Or dite un poco, dopo tutto ciò perchè mai papa Bonifazio con un re francese collegarsi di nuovo? E vedete trista mercede! Bonifazio dal re francese e da’ suoi è fatto prigioniero e deriso! Di che io non posso che vituperare l’oltracotante insultator del pontefice. Oh ! Venero anch’io, non crediate, messer l’ambasciatore (benchè noi giureconsulti civili i vostri canonisti ci mettano in voce di poco men che d’eretici paterini) venero anch’io la suprema dignit

Talvolta è accompagnato da una voce, ma dolce e così trista, che si potrebbe credere compaiano spiriti nel bosco. Vi compariranno per certodisse Sant'Aubert sorridendo, «ma in carne ed ossa.

Egli guardò un cotal poco alla trista il biscazziere negli occhi, e gli rispose: Mi vennero dalle prese quando combattevamo per la fede. Per qual fede? riprese il biscazziere; perchè, salvo onore, mi pare che tu debba esserti trovato co' Turchi più spesso che con i Cristiani. E in quali mari hai tu combattuto, don Olimpio? Oh! In tanti mari... Pure, quali?

VIRGINIO. Il dico io, ché mi tocca: bench'io stesso mi feci il male, dandola a nutrire a te che sapevo chi tu eri. CLEMENZIA. Virginio, non piú parole. S'io son stata una trista, m'hai fatta tu. Sai bene che, prima che tu, non mi ebbe altri che il mio marito. Io dico che le fanciulle si voglion trattare altrimenti.

Ecco la cagione del fiero caso, che forse lo scusa in parte ma non lo assolve: nella giornata del 30 aprile fu preposto a questi cervelli giovanili mobilissimi per natura un côrso, di cui non si ricorda, e non importa ricordare il nome ; però giova avvertire che indi a breve se ne andò in Francia al soldo dello Imperatore, e con esso lui forse tuttora rimane; nel 30 Aprile pertanto ben'egli a squarcia gola gridava ai giovanetti: avanti! avanti! ma ei se ne stava addopato ad una pianta schermito dalle palle con un fiasco di vino al fianco dove di tratto in tratto attingeva voce, e sembianza di valore: però sospettando i giovani di mal capitare sotto la trista guida spulezzarono.

Ed elli a me: «Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera d’Acheronte». Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no ’l mio dir li fosse grave, infino al fiume del parlar mi trassi. Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave!

Uscite, poscia ci travestiremo per non esser scoperte dalla gente; e poi nell'alba, all'aprir delle porte, schizzerem fuor della cittá alla sorte. Io voglio come maschio esser vestita: voi, come donna, siate mia mogliera. Diceva Ipalca: Trista alla mia vita! Per me farò da moglie volentiera. Ed ebbono ogni cosa stabilita, e di fuggire un sabbato da sera.

«O qual che se’ che ’l di tien di sotto, anima trista come pal commessa», comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto». Io stava come ’l frate che confessa lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto, richiama lui per che la morte cessa. Ed el gridò: «Se’ tu gi