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SANTINA. Che dici, Nepita? non l'hai inteso con le tue orecchie? comporterò io d'esser cosí mal maritata? Non la passerá certo senza vendetta: io vo' aventarmegli adosso come una cagna. NEPITA. Or questo no, padrona: fategli ogni altro dispiacere e lasciate questo. SANTINA. Vo' cavargli gli occhi e troncargli il naso con i denti.

Porca cagna.... cominciò compare Santo. Ma Nicola venne a interromperlo. Presto, di guardia dietro la porta, disse ai due cugini; non è tempo di ciarlare questo.

Marfisa lo guardò d'una maniera la piú bizzarra che fosse inventata, e non gli ha dato campo a parlar prima, ma lo rimproverò di poca stima. Meritereste disse che l'amore c'ho per voi se n'andasse alle calcagna. Mi lasciaste otto giorni contar l'ore, come s'io fossi qualche vostra cagna. O un asin siete, o non avete core, o un core avete fatto di lasagna.

PANURGO. Andiamo a travestirci, ch'Essandro ne deve aspettare. Parevami che fussi divenuto un gatto rosso che avemo in casa, e stava innamorato d'una gatticella detta Bellina; e questa era guardata da una cagna rabbiosa. Parevami la cagna si partisse; la gattolina veniva a me, e mentre la facea miagolar come fussi mezzo gennaio, pareva che divenisse maschio come io.

Certamente il contenuto di La cagna nera è assai più elevato di quel che si trova in Da Novi a Pavia; ma in questo però l'autore ha fatto il miracolo della creazione viva; e perciò la povera vecchia che racconta a sbalzi i suoi viaggi nella Merica e le sue speranze e le delusioni e le nuove illusioni, vale, come arte, infinitamente più del raccontatore dei casi della rognosa cagna nera, simbolo del di lui destino. E per ciò la catastrofe del professore, che in un momento di delirio butta in mare tra gli scogli questa sua fatale compagna e assiste allo spettacolo dell'annegamento di essa, e poi fugge via nella notte, ed esclama. "Finalmente, o meravigliosa notte, eri venuta e mi avevi accolto nelle tue ombre, ed io ero entrato nel bagno delizioso e profondo della tua tomba" ci lascia freddi e delusi. Mentre invece la povera reduce della Merica, che ha fretta di giungere a Mantova e crede di dovervi arrivare presto e apprende che dovr

Ma non sai tu che in su' cavalli si sta desto, nelle strade si camina, alla tavola si mangia, nelle panche si siede, ne' letti si dorme e ne' forzieri si muore? CALANDRO. Come si muore? FESSENIO. Si muore, . Perché? CALANDRO. Cagna! L'è mala cosa. FESSENIO. Moristi tu mai? CALANDRO. Non, ch'io sappia. FESSENIO. Come sai, adonque, che l'è mala cosa, se tu mai non moristi?

Ma io non vorria che voi me dessivo delle pugna. IULIA. Pènsati che, si tu non parli saviamente, ch'io te lle darò; e saranno buone. MALFATTO. Be', io non ve la voglio dire. Cagna! Voi sète troppo crudela. IULIA. Orsú! Vatti con Dio, va'; e di' al tuo maestro che, se non è savio, io gli farò fare uno scherzo che se pentirá d'avermi mai cognosciuta. MALFATTO. Orsú! Basta: bon .

PRUDENZIO. Portateme un poco quella toga rubea nuptiale. REPETITORE. Ecco. Adesso. MALFATTO. Cagna! Lassame fugire sotto el letto. RUFINO. Be', dove è la mancia che me volete dare? PRUDENZIO. Io vi prometto... com'è el nome vostro?... RUFINO. Rufino. PRUDENZIO. ... eccellentissimo patrone mio singularissimo misser Rufino, voler componer in laude vostra uno epigramma.

Eh! non ti partire cosí presto, ché io ti darò questi quatrini. CECA. Damile, ! MALFATTO. Eccoli. Vedi quanti sono! CECA. Gran mercé a te. Addio. MALFATTO. No, no. Cagna! Non ce voglio fare. Rendemeli. CECA. Come! Non me lli hai tu dati? MALFATTO. ; ma non voglio che tu te nne vada. CECA. Che vòi tu ch'io faccia qui fuori? Non hai tu vergogna de star nella strada a parlare con le femine?

«Questo volume è forse il miglior lavoro del Cagna; l'emanazione più naturale, spontanea della sua mente. Un umorismo, fine, bonario spira da tutto il libro. Il grottesco è la nota che vi domina, ed è la nota vera.