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MALFATTO. Non voglio verberare io, ché sono scorrociato. PRUDENZIO. Tu hai torto. Audi parumper che... MALFATTO. ! Sempre me date la baia. PRUDENZIO. E quando mai te avemo data la baia noi? MALFATTO. Ogni sempre mai che parlate, ché non ve intendo. PRUDENZIO. Audi. Testor Deum omnipotentem... MALFATTO. Ve possa venire a voi! PRUDENZIO. Taci: lassame parlare. MALFATTO. ; ma non biastemate.

Si sa bene ch'io non sono bastante a dargli delle stelle del cielo. LUZIO e MINIO scolari, CECA serva. LUZIO. Lassame caminare, ché 'l mastro non me dia un cavallo; ché me par sia troppo tardi e sai che sempre me fa sdelacciare le calze e me alza la camisa e me , qualche volta, con una scuriata cosí grossa cotta nell'aceto.

CAPPIO. Avete prese scambie: cheste stare mi ostelerie, no vostre case. GIACOCO. O ca io no so io, o chessa non è la casa mia; io no sto chiú nchisto munno, sto dintro a n'autro munno; aspetta no poco, lassame arrecordare meglio.

PRUDENZIO. Portateme un poco quella toga rubea nuptiale. REPETITORE. Ecco. Adesso. MALFATTO. Cagna! Lassame fugire sotto el letto. RUFINO. Be', dove è la mancia che me volete dare? PRUDENZIO. Io vi prometto... com'è el nome vostro?... RUFINO. Rufino. PRUDENZIO. ... eccellentissimo patrone mio singularissimo misser Rufino, voler componer in laude vostra uno epigramma.

Ma andiamo un poco qua, ché voglio parlare a un mio compagno. LUZIO. Come ha nome? MALFATTO. Non te llo voglio dire. Ecco la casa. Aspettateme voi, Luzio, ché voglio bussare. LUZIO. ; ma spácciate. MALFATTO. Tic, toc. Oh de casa! oh nesciuno! oh quello! Tic. Non ci deve essere, neh vero? LUZIO. No, che non ci deve essere. Andiamo con Dio. MALFATTO. Lassame bussare tre altre volte, prima. Tic.