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NARTICOFORO. Lubenter faciam. Commorando io in Roma, mi scrittitò molte lettere, chiedendo copular una sua figlia in matrimonio con un mio figlio; e giá d'accordo, piú con la sua che con la mia sodisfazione, mi chiama che venghi col mio figlio a tor la sposa. Vengo, e lascio i miei consanguinei che mi venghino ad incontrar con la nuora; adesso mi dice che me ne ritorni.

Però vi prego, se è però lecito, dirmi il nome, acciò ci possiamo guardar da lui. NARTICOFORO. Lubentissime faciam. Suo nome è Gerasto di Guardati. GERASTO. Gerasto de Guardati! come, quando e dove fu questo? NARTICOFORO. Hic, in questo luogo; illic, in quel luoco; istic, per qua: poco innanzi, come v'ho detto.

Siamo dieci nipoti congiurati insieme di ammazzarlo, perché l'abbiamo promessa maritare con un nostro parente, e ci va la vita di tutti; e noi per non essere uccisi tutti, vogliamo uccider lui. NARTICOFORO. Quid igitur faciendum? ESSANDRO. Fuggir subito da questa cittá. NARTICOFORO. Lubenter faciam: non mi darete voi tempo ad colligendum sarcinulas? ESSANDRO. Abbi mezza ora di tempo.

Summe opifex rerum, pater instaurator et unus, qui Deus existens coelo terraque potenter cuncta regis, certo dum lapsu saecula torques, en ego, si ante tuum debentur vota tribunal assistique hominum curae trutinisque movendae, quid faciam, tanto qui absumpto tempore noctes produxi vigiles ea per figmenta, volumen nugarum aedificans?

Vi prego che mangiamo insieme questa mattina in questa casetta, la qual da oggi innanzi sará piú vostra che mia. ALTILIA. Padre mio, non mi abbandonate e non mi private di voi cosí presto. Desidero che oggi ci riveggiamo insieme, e rendervi le grazie di tanti favori e grazie che in tanto tempo m'avete fatte in casa vostra. PEDANTE. Silenzio; faciam.

GERASTO. Non entrarò io, se voi non entrate prima. PANURGO. Libenter faciam per obtruncar queste vostre cirimonie napolitane, di che intendo siate uberrimamente ripieni. GERASTO. Olá, o di casa, condurreti questi gentiluomini in queste stanze terrene. ESSANDRO. Padrone, questo è quel marito che volete dar a Cleria? GERASTO. .

PASQUELLA. La mia padrona è maritata; e questa sera faciam le nozze; e ho da far tanto ch'io non posso attendere. Aspetta a un'altra volta. Uh come son rincrescevoli! GIGLIO. Alla magnana, ah? Domattina, digo. Non es á si? PASQUELLA. Lascia fare a me; ché mi ricordarò di te, quando sará tempo; non dubitare. Uh! uh! uh! uhimene!