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Aggiornato: 17 maggio 2025
Né crediate però che, per negromanzia, sí presto da Roma venghino qui; per ciò che la terra che vedete qui è Roma. La quale giá esser soleva sí ampia, sí spaziosa, sí grande che, trionfando, molte cittá e paesi e fiumi largamente in se stessa riceveva; ed ora è sí piccola diventata che, come vedete, agiatamente cape nella cittá vostra. Cosí va il mondo. FESSENIO solo.
CLEMENZIA. Fa' come tu vuoi, ch'io mi vo' partire; ch'io perderei il tempo a lavar carboni. Ma... FABRIZIO giovinetto e FRULLA oste. FABRIZIO. Mentre che questi due miei servidori si riposano, io andarò a vedere la terra. Come si levan, digli che venghino verso piazza.
NARTICOFORO. Lubenter faciam. Commorando io in Roma, mi scrittitò molte lettere, chiedendo copular una sua figlia in matrimonio con un mio figlio; e giá d'accordo, piú con la sua che con la mia sodisfazione, mi chiama che venghi col mio figlio a tor la sposa. Vengo, e lascio i miei consanguinei che mi venghino ad incontrar con la nuora; adesso mi dice che me ne ritorni.
Sí che non occorre altro per la resoluzione della difficultá proposta: che in Napoli non siano o venghino denari. Comparazione di Napoli con l'altre cittá d'Italia.
Ed egli medesimo lo confessa, mentre assegna la causa di venirvi denari in Regno alla robba che si estrae, e il cambio alto l'assegna per mezzo d'impedimento che non vi venghino contanti, e il basso che vi venghino; e nel capitolo precedente si è provato non esser vero.
AP. Vorrei piuttosto che tu mi dicessi, o Dicaste, ciò che hanno a fare con la cosa nostra. O di quivi, o d'altrove che si venghino, dichiaramelo con parlare più manifesto. Imperocchè, sendo Fronimo qui presente alla disputa, così, come ha disputato molte altre cose, le quali non penso che si contenghino ne' libri, così forse non si sdegner
GULONE. Le tue parole m'hanno sconcio lo stomaco di sorte, che, se non vado a ristorarmelo altrove, non sará ben di me oggi. TRINCA. Oh, come scampa il poltrone! giá li par aver Mazzafrusto e Sgraffagnino alle spalle, che lo menino alla dieta. Il medesimo farò col capitano: porrò tanta zizania fra costoro, che li condurrò che venghino alle mani e si rompino le teste.
SAMIA. O Fessenio mio, ruinati semo. FESSENIO. Che c'è? di' sú. SAMIA. Pessime nuove. FESSENIO. Che? SAMIA. Li fratelli di Calandro hanno trovato Lidio tuo con Fulvia e mandato per Calandro e per li fratelli di lei, che venghino a casa per svergognarla; e forse poi uccideranno Lidio. FESSENIO. Oimè! Che cosa è questa? Oh sventurato padron mio! Lo hanno preso? SAMIA. Non giá.
AGIATO. Io dico che i dottori, i giudici, i frati virtuosi, tutti vengono alla mia insegna. FRULLA. Ed io vi dico che passan pochi giorni che qualcun di quelli che sono alloggiati allo «Specchio» non eschino fuore e non venghino a star con me. FABRIZIO. Maestro, che faremo? PEDANTE. Etiam atque etiam cogitandum.
DON FLAMINIO. Poiché non posso giovarle col spender la robba, la vita e l'onore, le giovarò con la lingua: onorerò lei, infamerò me stesso; e son tenuto farlo per obligo di cavaliero. Andiamo insieme innanzi al mio zio, accioché di quello che farò ne siate buon testimone. Tutti stanno colerichi: intrighi di amori, di morti, di cavalieri, e cacasangui che venghino a quanti sono!
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