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Aggiornato: 29 maggio 2025
MALFATTO. Mastro, volete far alle pugna con lui, che ve terrò la cappa? Voi me guardate? Dico da vero, alla fé. CURZIO. De grazia, mastro, avertite ai casi vostri. PRUDENZIO. Non bisogna minarci per essere catrafatto con l'ense ferreo e col pugione e col famulo satellito.
Cinthi fili, inchinati reverenter. GERASTO. Questi è Cintio vostro figliuolo? PANURGO. Ipse est e vostro famulo ancora. GERASTO. Sii ben venuto, Cintio, figliuol mio. MORFEO. Ben ritrovato, padre ca... ca... caro. GERASTO. Come è cosí impedito della lingua, Narticoforo caro? come cosí sconcio della faccia? oimè, che puzza!
Vole ch'io vada a chiamare un certo scolaro che vole che venga adesso. Sí, sí! È bello e venuto. PRUDENZIO. Adhuc sei lí, eh? Non odi, insolente famulo, no? MALFATTO. Oh! crepa, crepa, ché non te voglio respondere. PRUDENZIO. A chi parlo io? Olá! MALFATTO. Sí, sí! oh qua! PRUDENZIO. Malfatto, vòltate, che te volti el carnifice! O Malfatto! o poltrone! MALFATTO. Che volete?
PRUDENZIO. Bonum est quod ego, bono è ch'io vada sino alla Eccellenzia della Magnificenzia del reverendo illustrissimo mio unico perpetuo domino colendissimo del Monsignor mio; e partim andarò sino al barbitonsore. Non odi, villico, stabulatio, Malfatto? CURZIO. Stiamo a udire che dice. PRUDENZIO. Famulo, non odi? Vien qui, ché te voglio parlare. MALFATTO. Che volete?
PRUDENZIO. Taci, se non vòi ch'io ti trasverberi con quell'ense. REPETITORE. In fine, non est ordo ch'io possa trovar el famulo acciò che, per letificazione del maestro, potessi conclamare dinanzi la casa della dignissima sua Livia.
E, per quanto posso comprendere, gli piace molto ch'un par nostro l'ami. E «certum est quod natura dat»: non si può negare ch'essendo la maestá sua di sottile, acuto e peregrino ingegno, per consequenti è amica de' periti, savi e dotti uomini, quia melius est nomen bonum che non sono le richezze. Ma ecco el nostro insipido famulo ch'esce del ludo litterario. MALFATTO. Diavolo!
Quod orator domini Ussoni Cassani, qui ad presentiam nostrani fuit, q. primum expedire debeat, ut cum galeis Baruti ad partes Syriae se transferat et inde ad Dominum suum reverti, emique et donari debeant oratori predicto brachia velati cremisini XII et brachia VI scarlati pro duabus vestibus, et duc. C. auri uni eius filio detur pannus scarlatus pro una veste, et famulo pannus viridus et duc.
PRUDENZIO. Non me sono accorto di questo giottonciculo del famulo ch'inel mezzo del fòro, in nel conspetto di molti egregi ed eccellentissimi uomini, me ha derelicto mentre eravamo in circulo a discutere alcuni dubi delle peculiali virtú nostre. Ma testor Deum ch'io li voglio dare ad minus cento verberature.
Chi te lli ha dati? MALFATTO. Uno che m'ha ditto che voi site un poltrone e che lo fuoco ve possa abrusciare. PRUDENZIO. E chi è questo? MALFATTO. E che voi sèti un certo che fa alli scolari... PRUDENZIO. Taci, famulo, carnifice. MALFATTO. E dove è la carne? Ve sognate, neh vero? PRUDENZIO. Quid latras? MALFATTO. Misser no, che non son latro. Non li ho robbati, alla fé.
PEDANTE. Sono solo e un famulo. TEDESCO. Se avere fame, ire in altra parte; qua avemo poche robbe. PEDANTE. Aprite, dico, le ianue a Tito Melio Strozza gimnasiarca. TEDESCO. Mi non aprire le porte a Tutto Merda Stronze de patriarche. PEDANTE. Aprite al gazofilazio delle dottrine. TEDESCO. Andare alle forche, parlare oneste! PEDANTE. Aprite le valve ad un grand'uomo.
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