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Aggiornato: 29 maggio 2025


Te ne prego, almeno rammenta i degni uffici che ti ho fatto, ho mai mentito ho sbagliato mai. E ti ho servito senza brontolare, senza rancori! Tu mi promettesti di condonarmi un anno intiero. Hai forse dimenticato da qual mai supplizio ti liberai? No. !

Poco anzi mi promettesti con giuramenti non volermi piú maltrattare, e or mi volevi uccidere: questo è altro che bastonate: sempre sète l'istesso e ogni giorno siamo al medesimo. Sará meglio per me tornare i danari al padrone. PIRINO. Perché farmi stentare a saperlo? non me lo potevi dir subito? Perdonami, fratello, fratellino mio dolce.

LELIO. Quando voi vi partisti da Napoli, promettesti Artemisia a Pandolfo; venuta poi la nuova della vostra morte, mi richiese Pandolfo della promessa fattali da voi. A tutti gli amici e parenti parea disconvenevole che ad un uomo di tanta etá se li dovesse attendere la promessa: ce la negai.

Verde seta, quanto mal fosti intrecciata con essi: mi promettesti speranza ma è giá morta ogni speranza per me. Voi m'avete ingannato; ma chi non areste ingannato se ci foste avolti da quella con tante belle maniere e tanti baci? Io calpesto cosí voi come ella ha sprezzata e calpestata la mia fede.

LAMPRIDIO. O vita dell'anima mia, o somma allegrezza di questo cuore, ben serbi l'animo tuo generoso in ricordarti di chi promettesti d'amare! oh come uccidendomi m'hai risanato! MASTICA. Tu ridi adesso? o cervellaggine d'innamorati! PROTODIDASCALO. Ecco ristorate le prosternate passioni. LAMPRIDIO. Segui.

AP. Tu mi hai cavato quello scroparello che mi molestava: dichiara al presente s'egli s'ha a mettere fra le cose vere quella che abbiamo udito, seguitando quel che ne veniva, e mostrando questo giuoco essere storia, e non cosa finta e fabulosa, come promettesti di fare. FR. Sei tu per ricevere ogni cosa per istoria?

PANDOLFO. Taci or tu: «che Artemisia fosse sposata con mio figliuolo, e Sulpizia con Lelio». VIGNAROLO. Volete voi che io parli o non parli? PANDOLFO. Vo' che parli tanto che crepi! VIGNAROLO. Però tacete voi. PANDOLFO. Ma taci tu, lassa parlare a me. Tu mi promettesti di entrare in casa di Guglielmo e darmi Artemisia per sposa, e poi la desti ad Eugenio.

Egli rimase in piedi, addossato alla parete, per leggere sotto la lampada. La lettera portava un francobollo inglese, con la stampiglia dell'ufficio di Londra; sulla busta, il nome e l'indirizzo di Rosanna, scritti con caratteri grandi, larghi, forti: la scrittura del marito, che egli riconobbe per averla vista sopra un'altra lettera odiosa: quella annunziante il suo ritorno. Il testo, in inglese, diceva: «Cara Rosanna, mia cara moglie, ti avverto che ripartirò per l'Italia lunedì prossimo e che arriverò a Milano martedì, col treno delle 7 e 55 del mattino. Come mi promettesti, ti aspetto laggiù per tornare insieme con te a casa nostra, dove passeremo gli ultimi giorni prima della cerimonia. Io sono pronto, e non dubito che anche tu abbia tutto preparato. Ho molto piacere che tu abbia scelto un paesetto del lago dove nessun indiscreto ci disturber

GULONE. Non odo, ché le budelle fanno tanto rumore che m'impediscono l'udire. TRASIMACO. Non mi promettesti iersera darmi la risoluzione del matrimonio?

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