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Aggiornato: 5 giugno 2025
Caminate, fratello. LAMPRIDIO. Andatemi innanzi, sorella. OLIMPIA. Io vo, fratello carissimo. LAMPRIDIO. Vi seguo, sorella. O dolcissima conversazione! MASTICA solo. MASTICA. Non dubitate, fratelli e sorelle: giá da ora cominciate a far entrare in suspetto Sennia dell'amor vostro.
Haile tu raccontato le cittá che ho prese, le tante volte che ho combattuto in steccato e le battaglie terribili c'ho fatte? MASTICA. Quali? TRASILOGO.... Non devi esser di questa cittá o sei nato sordo, poiché non hai inteso per ogni cantone le mie pruove. Ascolta, che vo' raccontartene una spaventevole che un tempo ebbi con la famosa Alitia.
GIULIO. Nulla di nuovo se non che venne a casa Mastica e mi pregò caldamente che vi scrivessi che per quanto amor portate ad Olimpia e se avete a caro il suo piacere, non foste venuto a Napoli per una cosa importantissima. LAMPRIDIO. Che cosa importantissima è questa? GIULIO. Non saprei. LAMPRIDIO. Che imaginate? GIULIO. Non saprei che imaginarmi.
Sì, è il governo che compra il tabacco ai coltivatori, lo fa fabbricare nelle sue manifatture, poi lo fa vendere dai tabaccai, sotto forma di tabacco da pipa, da naso, di spagnolette e di sigari. Ed è sotto queste ultime forme, che il tabacco si mette in bocca e si mastica! È proprio vero che allorquando ci mettiamo a far delle sciocchezze, non si sa mai dove andiamo a finire.
Beata carta, quanto tu devi tenerti piú felice dell'altre, poiché ella s'è degnata appoggiarci le belle mani! Mentre bacio questi caratteri parmi che baci quelle mani che l'han formati, quella bocca che gli ha dettati e quell'animo che gli ha concetti. MASTICA. Non tanti baci sopra baci; e che faresti a lei se cosí baci l'ombra delle sue mani? LAMPRIDIO. Oh, che parole dolcissime!
MASTICA. Perché morto che serò io, tu serai il piú gran poltron del mondo. SQUADRA. Taci, Mastica. Vuoi tu ucciderti con lui? MASTICA. Non ci uccideremo, no: poltron con poltrone non si fa male, «corvo con corvo non si cava gli occhi».
Presto, presto: disinfezioni, bagni, parrucchiere, sarto. Gli eroi sono gli eroi, ma la vita è la vita. Ah, come se la gode, questa breve parentesi di vita in pace!... Come se la mastica!... Pare un gattone che faccia le fusa.
MASTICA. Non vo' far questo dispiacere a me né alla mia persona; so ben quel che tu vuoi. Per parlarti chiaro, balia, se ben tutte le donne son insaziabili di natura, la tua non ha né fin né fondo. Star morto di fame, stracco, fastidito e donne intorno, pensalo tu. BALIA. Non vo' quel che tu pensi. MASTICA. Io pensava quel che tu suoli volere. M'hai ritornato l'animo: lasciami respirare un poco.
Calogero; ma mi dicono Cardello. Perchè? Se lo sanno loro! E non ti dispiace? Anzi! Si chiama Calogero pure il becchino, lo spilungone giallo giallo che mastica sempre tabacco. Meglio Cardello. Sei orfano? Non parli mai di tuo padre o di tua madre. Sono morti da un pezzo; non li ho neppure conosciuti. Quanti anni hai? Quindici. E con chi stai ora? Dove dormi? Dalla nonna, madre di mio padre.
Fuggi dovunque tu vuoi, ch'io ti troverò e cavarò gli occhi e farò che tu stesso li veggia nelle tue mani. MASTICA. Camina sicuramente, ché non è uomo che vedendoti con questo ferro al collo, col turbante in testa e con queste vesti, non ti giudichi or ora scampato di man di turchi, ritratto dal naturale.
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