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PANIMBOLO. Il parasito Leccardo? state fresco, ché delle ventiquattro ore del giorno ne sta imbriaco o ne dorme piú di trenta. Vostro fratello tanto può star senza far l'amore quanto il cielo senza stelle o il mar senza tempesta.

NEPITA fantesca ESSANDRO giovane, sotto abito e nome di Fioretta fantesca CLERIA giovane innamorata GERASTO vecchio PANURGO servo di Essandro FACIO dottor di legge ALESSIO giovane PELAMATTI servo SANTINA moglie di Gerasto MORFEO parasito GRANCHIO servo di Narticoforo NARTICOFORO pedante Speciale Capitan DANTE spagnuolo Capitan PANTALEONE spagnuolo APOLLIONE vecchio TOFANO servo.

BALIA. Deh, per amor di Dio! ANASIRA. Io scherzo cosí teco. BALIA. Ti farei compagnia, se non avessi a ragionar con Mastica su questo fatto; e però son uscita e giá lo veggio venir in qua. MASTICA parasito, BALIA. MASTICA. Dicono i medici del mio paese che si trova una infermitá che si chiama «lupa», che una fame tanto affamata che quanto piú mangia piú s'affama.

Pilastrino e Listagiro vengono, avanti ora di cena, da Girifalco, temendo che, per la troppa roba comprata, il vecchio fosse sdegnato; e, trovandolo meglio disposto, Listagiro li guarda la mano; e partensi con ordine di tornare a ora di cena. PILASTRINO, GIRIFALCO, LISTAGIRO parasito. PILASTRINO. Buona sera, messere. GIRIFALCO. Oh! Siate i ben venuti, i miei figliuoli!

Par diventato gentiluomo; non è piú parasito. È desso, per mia . Ne vien ridendo: debbe aver fatto pace col boccale. Questo è quello a cui piú crede Crisaulo che al paternostro. Oh poveretti amanti! U' son condotti! PILASTRINO. Addio. Che fai, mia zia? Quant'è che non magnasti qualche putto?

ALESSIO. Or queste parole , che mi danno fastidio; che non potrei aver consolazione a par di quella che ricevo, che Essandro si avaglia dell'opra mia. PANURGO. Ma io veggio Morfeo parasito che vien verso qua; non potrebbe comparir a tempo piú opportuno. MORFEO parasito, PANURGO.

E perché non vi sia cosa melancolica in Salerno, si scarcerino tutti i prigioni per debito e si paghino del mio, e si facci grazia a tutti quei che han remissioni delle parti. E per voi, Eufranone caro, scriverò e supplicherò Sua Maestá che vi si restituisca quello che ingiustissimamente vi è stato tolto. DON FLAMINIO. Poiché a tutti si fa grazia, sará anco giusto che l'abbi Leccardo il parasito.

Poi avendo inteso quanto voi piú degnamente avevate operato di me, accecato da una nebbia di gelosia, vi feci veder quell'apparenza di notte, nella quale il parasito e la serva di casa sua mi fûr ministri. E fu il mio intento che, voi ricusandola, io col prezzo del tradimento mi avesse comprato le sue nozze; ma il mio pensiero ha sortito contrario fine, perché è morta.

Ma, trovato certi ch'ora qui voglion recitare una comedia per vostro diporto, per non mescolar cose altro che allegre, lascerò questo ufficio. E perché un certo parasito, ch'avea da parlar prima, sorbito ha Bacco in modo che sta in dubbio s'egli è nel nostro mondo o in quel d'altrui, hanno voluto che da parte loro io venga a dirvi quel che intenderete, se m'ascoltate alquanto.

E pur è con effetto: e in modo tal che superba e grande forse non fu mai Troia, Atene o Roma. Qui sta Crisaulo nobile; e qui Lúcia; qua Girifalco; e di Pilastrino. Eccol che viene in qua. Se sta in cervello, potrete intender da lui meglio il tutto. Siate sempre felici. PILASTRINO parasito. Buona vita, insieme con la pace di Marcone, caso che vi fermiate con silenzio.