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Mobile ad ogni affetto, essa finisce la novella di Tofano esclamando:

PANURGO. Vi dará ad intendere qualche bugia. GERASTO. Non hai ad impacciartene tu. Parla, giovane. TOFANO.... che volevan vestire un truffatore per dar ad intendere ad un medico;... PANURGO. Io ah? TOFANO. Tu, . PANURGO. Tu devi stare imbriaco, tu sogni: non partirai che non ti rompa la testa, prima. Mira che viso, come sa ben fingere una bugia! GERASTO. O non posso levarmi costui da torno!

PANURGO. M'hai servito da vero e meriti la mancia! TOFANO. Mi volete dar la mancia che m'avete promesso, se vi avessi...? PANURGO. Meritaresti un capestro che t'appiccasse, come non ti mancherá! TOFANO. Vi ringrazio della mancia e della buona volontá. PANURGO. La volontá è conforme al tuo merito. TOFANO. Vi lascio. PANURGO. Vattene col diavolo!

, bene, t'ho inteso: tornale indietro e diteli ch'io lo ringrazio. TOFANO.... che lo perdoniate se non l'ha potuto mandare piú presto;... PANURGO. Basta, vatti con Dio. TOFANO.... che vi volevate vestir da dottore,... PANURGO. Vattene, che non servono piú. GERASTO. Lascialo parlare, che te importa? TOFANO.... che volevate ingannar un certo medico. GERASTO. Che medico? che dice di medico?

Vedo che cominci a tremare. Levati di qua; vien tu qui, segui il tuo ragionamento: la vo' intender da capo. TOFANO.... perché volevano disturbare certo matrimonio, e tutto ciò per far serviggio ad un giovane, vestito da fantesca, che faceva l'amore con la figlia di quel medico. Onde pregò caldamente il mio padrone, che si è affaticato tutto oggi per trovarle: l'abbiamo servito, e or ce le reco.

GERASTO. O che tu mi fai rodere di rabbia! La cosa non è come pensate..., non la pigliate a verso! Io non posso cavar costrutto di quel che dici. GERASTO. Che rispondi? PANURGO. Dico che quando questa mattina.... GERASTO. Non ti domando di questo, io. TOFANO. Gentiluomo, Alessio mio padrone vi manda le vesti che questa mattina gli chiedeste con tanta istanza;...

Via le leve! gridava il capostazione agli uomini intenti alla manovra. Tofano e Giacomelli, montate su a scaricare le binde.... Quelle da quattro basteranno.... Animo, via!... Gli uomini si arrampicarono sul carro carico d'ogni sorta d'ordegni e di congegni: argani, morse, chiavi, martelli, mazze, una fucina, ruote di cordami, spessori di legno, torce a vento, fiaccole a petrolio.

ALESSIO. Per Tofano, mio servidore, che vi conosce; o ne cercará altre in presto. Attendete all'altre cose da farsi, che subito partito mio padre, le manderò; sol fate che non vi abbi a cercare. PANURGO. Io abito qui presso: fate solo che compaia qui, che sará veduto. ALESSIO. Cosí farassi.

PANURGO. Non dice nulla. GERASTO. Parla. Che dicevi di medico? TOFANO. Dico che.... GERASTO. Che cosa «dico che»? TOFANO. Voi mi toccate il gomito; che volete da me? PANURGO. Chi ti tocca, asinaccio? TOFANO. Adesso mi tocchi il piede. Omai m'avete storpiato. PANURGO. Non si vuol partir questa bestiaccia! TOFANO. Dove volete che vada? PANURGO. Va' in buona ora!

GERASTO. T'ho visto con gli occhi miei che lo tocchi e cenni, e mi hai fatto entrar in maggior suspetto. Vien qui, uomo da bene: chi invia queste vesti? TOFANO. Io, quando questa mattina..., subito che.... GERASTO. Che quando, che mattina, che subito? Vai pensando qualche trappola! PANURGO. Io dico... TOFANO. Lascia dire a me. GERASTO. Taci tu; di' tu: lo vo' intendere da lui non da te.