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Pelamatti, pela tu questo matto, toglili le vesti; e se non si lascia pelare, peliamolo a pugni. PELAMATTI. Lascia, ladro assassino! PANURGO. Voi mi spogliate in mezzo la strada e mi chiamate ladro assassino. GERASTO. Mira con quanta prosonzione costoro lo trattano male! NARTICOFORO. Devono esser genti senza vergogna o non lo devono conoscere o l'aran preso in cambio.

PELAMATTI. La céra mi par cattiva e il mele deve essere assai peggiore, perché mi hai ciera di un gran ribaldo. Poiché sete venuto adesso da mastro Rampino, ditemi, dove sta sua bottega? PANURGO. Te lo dirò.

NEPITA fantesca ESSANDRO giovane, sotto abito e nome di Fioretta fantesca CLERIA giovane innamorata GERASTO vecchio PANURGO servo di Essandro FACIO dottor di legge ALESSIO giovane PELAMATTI servo SANTINA moglie di Gerasto MORFEO parasito GRANCHIO servo di Narticoforo NARTICOFORO pedante Speciale Capitan DANTE spagnuolo Capitan PANTALEONE spagnuolo APOLLIONE vecchio TOFANO servo.

PANURGO. Anzi a te starebbono buoni questi duo luoghi, accioché quando l'uno ti fosse venuto a noia, mutassi nell'altro fresco e senza pagar pigione. PELAMATTI. Poiché aspettavate me, come mi chiamo? PANURGO. Malaventura. PELAMATTI. Mala ventura arei da vero, se te le dessi. Io mi chiamo Pelamatti. PANURGO. Tu ti chiami cosí, per scherzo, Pelamatti, perché poco pelo metti in barba.

FACIO. Questa mattina venendo Pelamatti, servo di maestro Rampino sarto, a portarmi certe vesti nuove che volea cavalcar per Salerno, costui gli diede ad intendere che eran sue e che egli era Facio, ch'era io, e si tolse le vesti mie.

PANURGO. Se può dir mia madre, ché questa mattina, uscendone, mi ha partorito. PELAMATTI. Dio ti facci esser nato in buon ponto. Figlio di questa porta, mi sapresti dir se dentro ci fusse Facio? PANURGO. Facio ti sta innanzi e parla teco. PELAMATTI. Dunque, voi sète... PANURGO. Si, si, Facio padre di Alessio. PELAMATTI. Me l'avete tolto di bocca, che proprio volea dimandarvi se voi eravate Facio.

PANURGO. , , queste son desse. PELAMATTI. Ancor non l'hai viste, e dici: , . Se le volete, venite in bottega. PANURGO. Perché non me le dai tu qui? PELAMATTI. Non mi avete ciera di Facio. PANURGO. Hai tu visto mai Facio? PELAMATTI. Non io. PANURGO. Come dunque non ti ho ciera di Facio? Ma mirami bene, questa mia ciera non è tanto buona che ne potresti far candele?

PELAMATTI. So che non dici a me. PANURGO. A te dico io, a te. PELAMATTI. Ti ho forse ciera di cornacchia io, che per scacciarmi gridi: oh, oh? PANURGO. Volevi tu spezzar quella porta? PELAMATTI. Ancora non ci era accostato. PANURGO. Ti toglio la fatica di battere, e par che te ne spiaccia. PELAMATTI. E se fusse tua madre, aresti tanta paura che fusse battuta?

PANURGO. Ecco il servo che ho mandato per esse. MORFEO. Padrone, maestro Rampino m'ha detto che un pezzo fa ve l'ha mandate per Purgamatti o Pelamatti suo servo. PANURGO. Haigli tu dato i danari della fattura e de' finimenti? MORFEO. Si bene, ecco la poliza della ricevuta. PANURGO. È restato sodisfatto del tutto? MORFEO. Sodisfattissimo.

MORFEO. Non andate, di grazia, padrone, ché costui le vuol dare a me. Dagliele. PELAMATTI. E ti par che gli le dia? MORFEO. Ancor dici: mi pare? PELAMATTI. Salvi e contenti... MORFEO....da' mille cancheri che ti divorino o t'avessero divorato duo anni sono! PELAMATTI. Ecco te le dono. Ma fate che non venghi in bottega. MORFEO. Camina, sgombra, fuggi, ché la tua presenza gli accresce rabbia.