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PANIMBOLO. Don Ignazio è di spiriti ardenti: non ará indugiato fin adesso farli intendere che piú non l'accetta per isposa. DON FLAMINIO. L'animo mio teme e spera: spera nel timore e teme nella speranza. Se ben desio Leccardo ché mi porti felici novelle, pur temo qualche sinistro successo: vorrei venisse presto, ché ogni indugio mi potrebbe apportar danno.

DON FLAMINIO. Quando pensava che fusse alla metá dell'istoria, ci avevi lasciato il principio; e or al principio bisogna dar un altro principio. LECCARDO. Se non volete ascoltar, io taccio. DON FLAMINIO. Eh, parla col diavolo! LECCARDO. Non parlo col diavolo io. DON FLAMINIO. E tu parla con Dio. LECCARDO. Or questo , in nomine Domini. DON FLAMINIO. Amen.

LECCARDO.... è morta, e morta disonorata! DON FLAMINIO. O Dio, che nuova è questa che tu mi dái? LECCARDO. E mi dispiace darvela: e non vorrei sentiste da me quello che sète per intendere; ma avendolo a sapere, fate buon animo. Don Ignazio non so che ingiuriose parole disse ad Eufranone.

E questa è l'allegrezza che mi portavi? LECCARDO. Io non penso che possa esser migliore. DON FLAMINIO. E dove la fondi? LECCARDO.... Non mi avete voi detto che non la desiate per moglie?

DON FLAMINIO. Prendi fiato; se non, che farai perdere il fiato a me. LECCARDO. Per la soverchia stanchezza mi sento morire. DON FLAMINIO. Dammi la nuova prima e mori quando ti piace. LECCARDO. Quanto ho piú voglia di dire, manco posso. DON FLAMINIO. Dimmelo in una parola.

Marte, che sta aspettando, come il vede, il prende e ferma; si non, che ne salirebbe sin alla sfera stellata. LECCARDO. A che effetto quel sacco di pane? MARTEBELLONIO. Ché non si muoia di fame per la via. Marte, avendo inteso gli avisi, spedisce le provisioni e lo manda giú.

LECCARDO. Credo io ben di no. DON FLAMINIO. Dunque non vòi? LECCARDO. Non voglio e non posso: pigliatevi quale volete di queste due. DON FLAMINIO. Troppo disamorevole risposta. LECCARDO. Troppo sfacciata proposta. DON FLAMINIO. Leccardo, sai che vorrei? LECCARDO. Che fussi appiccato!

LECCARDO. Non si può, perché è cosa troppo lunga si può esprimere in una parola; e la stanchezza m'ha tolto il vigor del parlare. DON FLAMINIO. Mentre hai detto questo, aresti detto la metá. LECCARDO. La vostra Ca... Cari... Carizia... DON FLAMINIO. La mia Carizia.... O buon principio! spediscela, di grazia. LECCARDO.... sará vo... vostra:...

DON FLAMINIO. Benissimo, meglio che s'io fussi stato nel tuo cuore o tu nel mio. LECCARDO. Che dici del capitano, del suo non aspettato e fattoci beneficio? DON FLAMINIO. La fortuna non ha ingannato punto il nostro desiderio. LECCARDO. Mai mi son compiaciuto di me stesso come ora, tanto mi par d'aver fatto bene. DON FLAMINIO. Te ne ho grande obligo. LECCARDO. Ne avete cagione.

DON FLAMINIO. Tu te ne passi troppo leggiermente: raccontamelo piú minutamente. LECCARDO.... A pena finii le parole, che vidi sfavillar gli occhi come un toro stuzzicato, e la faccia divenir rossa come un gambaro.