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Queste quattro cose pienamente ha in la Comedia del nostra poeta; ma, percioché acconciamente l'ordine posto di quelle non si può seguire, come verranno piú in concio or l'una ora l'altra le verrò adattando, e comincerommi da l'ultima.

La quale leggiermente in alto levata, vidon nel muro una finestretta da niun di loro mai piú veduta, saputo che ella vi fosse, e in quella trovaron piú scritte, tutte per l'umiditá del muro muffate e vicino al corrompersi se guari piú state vi fossero; e quelle pianamente dalla muffa purgate, vider segnate per numeri, e conobbero quello, che in esse scritto era, esser de' rittimi della Comedia: per che, secondo l'ordine dei numeri continuatele, insieme li tredici canti, che alla Comedia mancavan, ritrovâr tutti.

ERASTO. O Dio, che intendo! ecco districato l'intrigo d'una intricatissima comedia: questa luce ha disgombrato tutte le tenebre del mio intelletto. Ho tanto legati i sensi che non so se sia vivo o morto: l'anima mia sta cosí confusa tra tanta meraviglia e allegrezza che non può mostrar quel mar di gioia dove or nuota. Ecco passo da un abisso di affanni ad un mar di delizie!

E vide la madre in luogo di lui levarsi un paone: per che intender si dee che, dopo alla morte di ciascuno, a servare il nome suo appo i futuri surgono l'opere sue. Laonde in luogo di Dante abbiamo la sua Comedia, la quale ottimamente si può conformare ad un paone.

Ecco qui una compagnia di nobilissimi cavalieri che vogliono recitar una comedia a queste bellissime gentildonne. Voi dunque con la piacevolezza de' vostri angelici visi aggradite le lor fatiche, accioché poi con maggior animo ve ne rappresentino dell'altre. Vivete dunque felici e lieti, ch'io, veggendo dar principio alla favola, mi ritiro a piú riposta parte per ascoltarla.

Muovono molti, e intra essi alcuni savi uomini generalmente una quistione cosí fatta: che conciofossecosa Dante fosse in iscienzia solennissimo uomo, perché a comporre cosí grande, di alta materia e notabile libro, come è questa sua Comedia, nel fiorentino idioma si disponesse; perché non piú tosto in versi latini, come gli altri poeti precedenti hanno fatto.

Per le quali penne, onde questo corpo si cuopre, intendo la bellezza della peregrina istoria, che nella superficie della lettera della Comedia suona: come l'essere disceso in inferno e veduto l'abito del luogo e le varie condizioni degli abitanti; essere ito su per la montagna del purgatorio, udite le lagrime e i lamenti di coloro che sperano d'essere santi; e quindi salito in paradiso e la ineffabile gloria de' beati veduta: istoria tanto bella e tanto peregrina, quanto mai da alcuno piú non fu pensata non che udita, distinta in cento canti, come alcuni vogliono il paone avere nella coda cento occhi.

Il paone, secondo che comprendere si può, ha queste proprietá: che la sua carne è odorifera e incorruttibile; la sua penna è angelica, e in quella ha cento occhi; li suoi piedi sono sozzi, e tacita l'andatura; e, oltre a ciò, ha sonora e orribile voce: le quali cose con la Comedia del nostro poeta ottimamente si convengono.

e gia` iernotte fu la luna tonda: ben ten de' ricordar, che' non ti nocque alcuna volta per la selva fonda>>. Si` mi parlava, e andavamo introcque. Inferno: Canto XXI Cosi` di ponte in ponte, altro parlando che la mia comedia cantar non cura, venimmo; e tenavamo il colmo, quando restammo per veder l'altra fessura di Malebolge e li altri pianti vani; e vidila mirabilmente oscura.

E che ciò sia vero, lasciando stare l'altre opere compilate da lui, riguardisi la sua Comedia, la quale con la dolcezza e bellezza del testo pasce non solamente gli uomini, ma i fanciulli e le femine; e con mirabile soavitá de' profondissimi sensi sotto quella nascosi, poi che alquanto gli ha tenuti sospesi, ricrea e pasce gli solenni intelletti.