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CLERIA. Dunque, poiché t'è cosí aperto e nudo il cor mio come la fronte, perché non gli manifesti quanto l'amo? ESSANDRO. Anzi, egli si duole di me che non gli manifesti il suo amore: alfin, io sarò la cagione d'ogni male. CLERIA. Anzi, la radice e fonte d'ogni bene. Va' dunque, Fioretta mia, e digli che avendomi comandato che volea ragionarmi, ecco ch'io sono apparecchiata;...

BALIA. Sulpizia vostra è di pel rosso, come voi sète; gli occhi azurri, come i vostri; e il volto simile al vostro: e, se ben vi ricordate, ha una macchia rossa nel braccio sinistro, come goccia di vin rosso. PARDO. O Dio, veramente mi ricordo di quella macchia rossa, e parmi or di vederla; e nella vostra Cleria mai piú ve l'ho vista.

ESSANDRO. Andrò volontieri. CLERIA.... ch'io piango e ch'io muoio.... ESSANDRO. Sará fatto... CLERIA.... E se m'ama, che venghi presto.... ESSANDRO.... quanto comandate.... CLERIA.... E se mio padre non si contenta darmelo per sposo, digli ch'io vo' fuggirmene seco nella fin del mondo. ESSANDRO.... Volete altro? CLERIA. Non altro; raccomandamegli strettamente.

ESSANDRO. Deh, perché mi burli e aggiungi beffe a beffe? PANURGO. Allegrati della mia allegrezza adesso, come io mi son allegrato della tua: ch'io ho ritrovato mio figlio. ESSANDRO. Chi è tuo figlio? PANURGO. Vieni in casa e lo saprai, ch'io non vo' tanto prolungar il tempo che possi abbracciare e stringere la tua Cleria piú che una tanaglia.

PEDOLITRO. Io non ci ho, in questo, interesse alcuno, per conto d'interesse direi la bugia: e non essendo di natura bugiardo, godo nel dir la veritá. CLERIA. Dice che Cleria sia morta, e io viva sono: il testimonio t'è presente. PEDOLITRO. Ed io ti dico che tu Cleria non sei. Ma tu conosci chi son io? CLERIA. Certo, no. PEDOLITRO. Tu non sai chi sia io? riconoscimi bene.

Fuggendo di Roma di casa di mio zio Apollione che, per non esser ito alla scuola, promise battermi, me ne venni qui in Napoli dove, appena giunto, Amor mostrandomi Cleria, la tua figliana, al suo primo apparir ricevei con tanta forza le sue divine bellezze nel cuore, che altro contento non arei potuto desiar in questa vita che vedermi sazi pur una volta gli occhi di mirarla.

TRINCA. Non dicevate cosí allora, che, se non conseguivate la vostra Cleria, volevate andar disperso per il mondo o ammazzarvi con le vostre mani, e mi stavate con le ginocchia in terra pregandomi; e or non vi ricordate, che con le mie astuzie vi ho posto a cavallo. ATTILIO. Anzi su un asino per esser scopato per tutto il mondo. TRINCA. Pacienza. ATTILIO. Orsú, che faremo per uscir di travaglio?

Dichi chiamarsi Limoforo, sua moglie Cleria, suo figlio Antifilo; mostrar i segni, i tempi, l'istoria; e all'ultimo per testimonio chiamar me che confermerò il tutto: che vuol che se gli restituisca la figlia. Egli la restituirá, anzi l'ará a caro, liberandosi di averla a dotare e condurla seco a Roma, e liberandosi da me, ché non ha molto a caro la conversazion delle donne.

Vorrei che li persuadessi a non esser ostinati, ché non venghi con loro a termini poco onorevoli, come non ho fatto per lo passato. TRINCA. Egli non ricusa Sulpizia, ce l'ho proferta da vostra parte: ne ha tanta voglia, che non vede l'ora che sia sera. Di Cleria non bisogna aver tanta fretta.

Son vostro, voglio esser vostro e, ancor che voi non voleste, pur son vostro; tutto il mondo basta a far che non siate mia, poiché dalla vostra libera volontá me vi deste. Niuna cosa m'è cara piú di voi; e chi mi togliesse voi e mi desse tutto il mondo, non mi farebbe nulla, ché in voi sola è tutto quel ben che posso desiderare nella mia vita. Cleria.