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Aggiornato: 13 giugno 2025


Or essendo mia, vo' disponere di voi come di cosa propria. CLERIA. Ma ditemi, signor mio, come io me vi donai tutta, cosí voi intieramente vi donaste a me: or come cosa mia e non vostra, io vi comando che non mi debbiate astringere a questo fallo.

I signori del governo, per remediare alla commune ruina, strassinavano gli appestati su un carro dalle proprie case ad un lazzaretto a San Gennaro, poco lontano da Napoli, dove si governavano, e morendo si seppellivano in una grotta quivi appresso. Ritrovandosi impestato Limoforo suo padre e Cleria sua madre e Antifilo suo fratello, furo anch'essi come gli altri portati in quel loco.

LIMOFORO. Come disse che si chiamava suo padre, sua madre e la fanciulla? PEDANTE. Il padre, Limoforo; la madre, Cleria; e la fanciulla, Aurelia. LIMOFORO. Voi perché la chiamate Altilia? PEDANTE. Per esser cresciuta alta e procèra della persona e della virtú, l'ho posto nome Altilia. Ditemi, ove è costui che dice esser suo padre? PEDANTE. Egli è introgresso in questa domuncula seu domicilio.

Non è spirito in me che non si sforzi ringraziarvi, ponno giungere al segno; vorrei che voi poteste ascoltar la lingua dell'anima, ch'ella sola lo può esprimere: onde con quello animo che ho accettato il vostro dono, accettate il mio che vi fo di me stesso. CLERIA. In man vostra sta il far prova di questo amore, se è tal quale io lo dico.

O di casa, fate calar Cleria mia figlia; e recate un poco d'aceto per unger le mani, acciò il tufo e l'aria appestata non infetti questi gentiluomini.

TRINCA. Da questo disordine è nata la vostra allegrezza: ché la balia se ne venne a Pardo, e l'ha manifestato che, quando partorí Costanza e diede a lattar Cleria alla moglie di Filogono, scambiò le bambine, e ritornò la sua Sulpizia a Costanza e si tenne la vera Cleria. A signali Costanza ha trovato vero quanto ha detto. Pardo andò ad Orgio, e minacciandolo l'ha scoverto il tutto.

ESSANDRO. Entratevene, che vostro padre non vi vegga. CLERIA. Fa' di modo che tu mi porti bone novelle. ESSANDRO. Bene. CLERIA. E se pur non mi trovasse in fenestra, che fischi, ché verrò subito. ESSANDRO. Me ne vo. CLERIA. Aspetta, aspetta, ascolta questo. ESSANDRO. Entrate, ché Gerasto vostro padre vien fuora; che non vi vegga. GERASTO vecchio, ESSANDRO.

CLERIA. Non dici a me, che Sofia non sono, però non rispondo. PEDOLITRO. Mi piace piú tosto dispiacer a te e dir il vero, che piacer a molti e dir il falso: dico che tu sei Sofia sua serva. PARDO. Non è meraviglia se t'inganni, ché nieghi il nome di Cleria e le dái quel di Sofia: nieghi quel che vedi, e non conosci quel che ti sta innanzi.

CLERIA. Che non mi veggio mai sazia d'odiar me stessa per amar lui, e che il fuoco è tanto cresciuto che son tutta di fiamma; son tanto sua che in me non vi è nulla piú del mio, son transformata in lui stesso; e se volesse essere per qualche breve spazio mia, bisogneria che me gli cercasse in presto, avendo locato in lui la somma d'ogni mio desiderio e avendolo eletto per fin d'ogni mio bene.

ATTILIO. O madre, o cara madre, o tre volte madre, perché tre volte m'hai donato l'essere! O cieli troppo potenti, troppo influenti! o stupori, o meraviglie grandi, che da moglie mi diventi sorella e da sorella moglie! Ma Cleria che facea?

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