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Aggiornato: 13 giugno 2025
BALIA. La tempesta, che voi dite, passerá subito; ma la sua s'ingagliardisce da un rabbioso vento di gelosia, ché ha inteso che Pardo disegna darvi Cleria per moglie, ed ella è insospettita che la bellezza di Cleria non vi distorni da amar lei, onde arde di un doppio fuoco: di amore e di gelosia.
CLERIA. Dolcissimo Essandro, io non vorrei, per essermi cosí volentieri condotta a ragionar con voi, vi cadesse nell'animo qualche sospetto della mia onestá: ché certo non mi sarei ridotta a questo termine, se non avessi fatto prima deliberazione di esser vostra; e se ben son in potestá di mio padre e a lui tocca disponer di me quel che ne vuole, pur se a me ne resta qualche particella, ve la dono tutta, né vo' viver se non vostra.
NARTICOFORO. Non mi potrete dar voi Ersilia, l'altra figlia? che parvi? refert sia l'una o l'altra, anzi mi piace piú di Cleria per non essere tanto formosa. PANURGO. Piacesse a Dio che fusse viva, ché saressimo fuora di questi intrighi! sono piú di quattro mesi che si morio. NARTICOFORO. Voi non me ne avete fatto parola mai.
ESSANDRO. Il misero non crede a nulla che di ben gli sia detto. PANURGO. Vieni, corri, vola e vedi il tutto vòlto in allegrezza. ESSANDRO. Rispondi a quanto ti domando, parla piú chiaramente il tutto: Cleria è fatta mia? PANURGO. Sí. ESSANDRO. Gerasto m'ha perdonato? PANURGO. Sí. ESSANDRO. È venuto mio zio Apollione? PANURGO. Sí. ESSANDRO. Mio padre ancora? PANURGO. Sí.
TRINCA. Che tanti cicalamenti! Ecco vostro padre. ATTILIO. Trattienlo un poco. CLERIA. Venite su e rallegratemi. TRINCA. Sí, sí, cicalate un altro poco. ATTILIO. Non m'impedite, di grazia, che trattiamo cosa per uscir da affanni. CLERIA. E come? ATTILIO. Non ho tempo di dirlo. CLERIA. Perdonatemi di grazia, ché la dolcezza di parlar con voi mi fa trapassare i vostri comandamenti.
Diremo che volete abitare insieme, come amici di molti anni, o nella vostra o nella sua casa: il giorno, Sulpizia sará moglie di Attilio, e Cleria di Erotico dalla cintura in su; la notte, Sulpizia di Erotico, e Cleria di Attilio dalla cintura in giú; e bisogna scambiar le mogli fin che vive il vecchio, il qual non potrá viver molto.
PARDO. Pedolitro, nostro cittadino, venuto ora di Constantinopoli, che ci andò quattro anni sono per riscuoter cotesto suo figlio; e mi ha recato lettera di mano di mia moglie che desia venire, e che di Cleria non si sa novella, molti anni sono.
Oh come, nel vedersi l'un l'altra, son tramortite ambedue! Oh, quanto è l'amor grande tra la madre e i figli! O Dio, che sará questo? o Cleria, o Cleria, o Constanza mia, risvegliatevi! CLERIA. O cara madre, o madre! CONSTANZA. O figlia, o figlia! PARDO. Mira, figlio, che affezione, che non puon saziarsi d'abbracciarsi e di stringersi. Mira che lacrime mescolate di dolore e di dolcezza.
Ma pur che novelle? PANURGO. Cattivissime, maledettevolissime. Tu sei... ESSANDRO. So che vuoi dire: Misero e serbato dal Cielo a crudelissime passioni! PANURGO. Gerasto n'ha scacciati di casa, dato Cleria a Cintio; e or si fanno le nozze. ESSANDRO. Giá son caduto e morto! PANURGO. Come? ESSANDRO. Tu parli cortelli e lancie; la tua lingua m'ha trapassata la gola come un pugnale.
Io non potrei dir mai l'imperio che han sovra di me la bontá, la bellezza, la grazia e i suoi onesti costumi; e come per un secreto voler d'amore è cosí impadronita della mia volontá, che non posso voler se non quello ch'ella vuole. BALIA. Ma quanto ella è avanzata dalle bellezze del corpo di Cleria, tanto ella avanza, con le bellezze dell'animo, Cleria di gran lunga.
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