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TRASILOGO. Vorresti avisar Sennia di questa trama e scoprire i secreti d'Olimpia. SQUADRA. I secreti d'Olimpia l'ará scoperti Lampridio. TRASILOGO. Tu burli. SQUADRA. E voi non mi lasciate parlare. TRASILOGO. Pòi. SQUADRA.... a questo colpo useremo questo rimedio.

Ne andò perduto uno, nevvero? Lo hai forse dimenticato? Non ne sai nulla e sorridi? Ho paura che ti burli di me; fammi leggere i tuoi engagements. Rappresentano le schede dell'elezione, l'elenco dei nomi degli eletti; i consiglieri..... municipali del tuo cuore; facciamo il calcolo dei voti.

ESSANDRO. Deh, perché mi burli e aggiungi beffe a beffe? PANURGO. Allegrati della mia allegrezza adesso, come io mi son allegrato della tua: ch'io ho ritrovato mio figlio. ESSANDRO. Chi è tuo figlio? PANURGO. Vieni in casa e lo saprai, ch'io non vo' tanto prolungar il tempo che possi abbracciare e stringere la tua Cleria piú che una tanaglia.

Zt!...» fece il carceriere, premendo la mano sopra la bocca della sentinella. Poi, con un tono serio e profondo, Che? come? due carcerati? Poffar mio! Camerata, so che tu burli». Posò ancora in terra la lanterna, borbotton borbottone; si tornò a sedere dinoccolato presso di quella; pensò, vi bevve sopra, e tacque un momento.

VIGNAROLO. Che tradimento vi feci io mai? PANDOLFO. Lo nieghi ora, furfante? VIGNAROLO. Lo niego, perché non feci mai tradimento. PANDOLFO. Or finge il balordo, perché con far il balordo mi hai sempre ingannato. VIGNAROLO. Non fingo il balordo inganno, è mio officio a voi si conviene. PANDOLFO. Or me inganni e burli piú che mai. VIGNAROLO. Non vi burlo, volendo potrei farlo.

PANURGO. A casa, senza far altro, accioché quando stimi che cerchi le cose, mi trovi a casa. ESSANDRO. Burli? di grazia, vola. PANURGO. Dammi l'ale, che volarò. Non dubitate, sarò io colá prima che voi. Ma prima vedrò se potrò trovar Alessio per le vesti. ESSANDRO. Io fra tanto farò il segno, poiché non è in fenestra. Fis, fis. La sento venire.

PANURGO. E se v'ammazzo, quando mi pagherete l'obligo? ESSANDRO. Quando resuscitaremo. PANURGO. Troppo tempo ci vuole. ESSANDRO. Burli in cosa di tanto periglio? M'offendi sul vivo, avendomi il Cielo riserbato a tante miserie. PANURGO. Non è da saggio ricorrere al morire, quando per altra via si può uscir da affanno. Ditemi, di grazia, che cosa vi tormenta?

Qui vid’ i’ gente più ch’altrove troppa, e d’una parte e d’altra, con grand’ urli, voltando pesi per forza di poppa. Percotëansi ’ncontro; e poscia pur si rivolgea ciascun, voltando a retro, gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?». Così tornavan per lo cerchio tetro da ogne mano a l’opposito punto, gridandosi anche loro ontoso metro;

MALFATTO. De sopra a chi volete ch'io vada? a voi o a questo compagno? LUZIO. A me pur no. PRUDENZIO. Va'; e serra quella porta, dico. MALFATTO. Cosí? PRUDENZIO. Va' prima dentro tu. MALFATTO. Orsú! Basta. Non volete che venga con voi, ma io me nne voglio andare alla finestra. MASTRO ANTONIO. Oh! cosí, fradello; va' presto. PRUDENZIO. Questo insolente par che se burli di ciò che gli dicemo.

Qui vid'i' gente piu` ch'altrove troppa, e d'una parte e d'altra, con grand'urli, voltando pesi per forza di poppa. Percoteansi 'ncontro; e poscia pur li` si rivolgea ciascun, voltando a retro, gridando: <<Perche' tieni?>> e <<Perche' burli?>>. Cosi` tornavan per lo cerchio tetro da ogne mano a l'opposito punto, gridandosi anche loro ontoso metro;