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Eglino infermavano, cioè facendosi infermi con quegli che erano infermi; cioè che spesse volte per non confóndare loro di disperazione, e per dar lo' piú larghezza di manifestare la loro infermitá, davano vista, dicendo: Io so' infermo con teco insieme. Cioè che, per l'amore che essi avevano, portavano maggiore pena essi che la davano, che coloro che la ricevevano.

BALIA. Deh, per amor di Dio! ANASIRA. Io scherzo cosí teco. BALIA. Ti farei compagnia, se non avessi a ragionar con Mastica su questo fatto; e però son uscita e giá lo veggio venir in qua. MASTICA parasito, BALIA. MASTICA. Dicono i medici del mio paese che si trova una infermitá che si chiama «lupa», che una fame tanto affamata che quanto piú mangia piú s'affama.

Io ero morta, e tu m'hai risuscitata; io ero inferma, e tu m'hai data la medicina: e non tanto la medicina del Sangue che tu desti allo 'nfermo de l'umana generazione col mezzo del tuo Figliuolo, ma tu m'hai data una medicina contra una infermitá occulta, la quale io non cognoscevo, dandomi tu la doctrina che in neuno modo io posso giudicare alcuna creatura che abbi in ragione, e singularmente verso de' servi tuoi, de' quali spesse volte, come cieca e inferma di questa infermitá, sotto spezie e colore de l'onore tuo e salute de l'anime, davo giudicio.

E però io ti ringrazio, somma ed etterna bontá, che, nel manifestare la tua veritá e lo inganno del dimonio e la propria passione, m'hai facto conoscere la infermitá mia. Unde io t'adimando per grazia e misericordia che oggi sia posto termine e fine che io mai non esca della doctrina tua, data a me da la tua bontá e a chiunque la vorrá seguitare, però che senza te neuna cosa è facta.

Se ne serví ad inseguire i nemici restanti in Africa, a tôrre i diritti a molti soci, a riordinare il senato e tutta la parte aristocratica; e ciò fatto, lasciò dopo due anni la dittatura e gli affari pubblici; o per infermitá, o per amor d'ozio e di vizi, o per disdegno di una potenza giá tranquilla, o forse per orgoglio e vanto di lasciar andare da la repubblica scelleratamente ma fortemente, e forse non inopportunamente, ricostituita sotto l'aristocrazia.

E veramente, se i principi e loro ministri e magistrati ben intendessero queste materie, non tanto difficili per loro natura quanto per la scarsezza d'autori che con ordine e chiarezza le abbiano spiegate, non avrebbero bisogno di valersi alle loro consulte di persone interessate nel danno del pubblico, che, mal consigliandoli, cagionassero quegli errori di governo, da cui discendono gli umori peccanti piú contumaci di questa infermitá, che pur troppo, con danno e lamento de' popoli, ha infestato in questi ultimi tempi e va tuttora infestando non solo i felicissimi Stati veneti, ma ancor quelli della Chiesa, Toscana, Lombardia, regno di Napoli ed una gran parte dell'Allemagna: essendo proprio di questo male che, quando, trascurando i pronti rimedi, si lascia crescere e far radice, non può piú guarire, senza che non rimangano ben grandi le cicatrici cosí nell'erario del principe come nelle borse de' privati; ma, se si usano i buoni preservativi, rare volte e quasi mai può molestare i corpi politici, e, se pure in loro si risveglia, colla prontezza de' medicamenti ben intesi subito ancora risanasi.

O dilecti miei! essi si facevano subditi, essendo prelati; essi si facevano servi, essendo signori; essi si facevano infermi, essendo sani e privati della infermitá e lebbra del peccato mortale; essendo forti, si facevano debili; coi macti e semplici si mostravano semplici, e co' piccoli, piccoli.

Ma, per la solita infermitá delle monete che crescono di valore, non potutosi contenere a quel prezzo, restò però in uso di pagare sei lire e quattro soldi in luogo di un ducato di debito vecchio; e, comeché li contratti e scritture erano tutte concepite a ducati da 6.4, seguitò a parlarsi e contrattarsi a ducati da 6.4: onde questo tal ducato restò immaginario, salendo frattanto a maggiori valute il zecchino, sicché al presente egli vale piú di tre ducati.

A me non rendono gloria, e a loro non rendono onesta e sancta vita desiderio della salute de l'anime fame delle virtú. E per questo commectono ingiustizia verso e' subditi e proximi loro, e non correggono e' vizi: anco, come ciechi che non cognoscono, per lo disordinato timore di non dispiacere alle creature, li lassano dormire e giacere nelle loro infermitá.

Ora, quando Io giacevo inferma della infermitá della negligenzia e di molta ignoranzia, e tu, soavissimo e dolcissimo medico, Dio etterno, m'hai data una soave, dolce e amara medicina, acciò che io guarisca e mi levi da la mia infermitá.